Scacco Matto

“In futuro ci saranno soltanto quattro o cinque persone interessate a comprare un computer”. – 1948

“Entro sei mesi la gente si stancherà di stare a guardare quella scatola di legno chiamata tv.” – 1946

“Non c’è la minima possibilità di sviluppare l’energia atomica.” – 1932

Difficile trattenere una piccola smorfia di sorriso di fronte a tali dichiarazioni, essendo a conoscenza di come siano andate effettivamente le cose nel corso degli ultimi 80-90 anni.

Ma ti verrebbe da sorridere se ti dicessi, come in realtà è, che queste dichiarazioni sono  rispettivamente attribuite a T. Watson (presidente dell’IBM), a D. Zanuck (presidente della 20th Century Fox) e ad Albert Einstein (qui il ruolo è superfluo)?

Forse non ti verrebbe più da sorridere, perché normalmente ci aspettiamo che le persone nei rispettivi ambiti di competenza non possano mai commettere errori previsionali di così grande entità. E questo è un qualcosa che non concediamo nemmeno a noi stessi.

Molte delle persone, che seguo nel mio studio di Monterotondo oppure online dicono spesso: “Non posso credere di aver fatto una stupidaggine del genere, io che sono una persona così intelligente ed attenta”.

Dietro questa frase c’è una pericolosa illusione: quella di credere di poter controllare tutto ciò che ci accade.

Ma cosa c’entrano gli scacchi con la vita?

Jorge Louis Borges  dice: “La scacchiera è il Mondo. I pezzi sono i fenomeni dell’Universo. Le regole del gioco sono ciò che chiamiamo “le leggi della Natura”. Non sappiamo chi è seduto di fronte a noi. Sappiamo che egli gioca in modo equo, giusto e paziente. Ma sappiamo anche, sulla nostra pelle, che non ci perdona mai un errore. Inoltre non commette mai la più piccola distrazione…”.

Una partita a scacchi si svolge principalmente al livello interiore: nel tempo tra due mosse, il giocatore cerca di comprendere come muoversi, riflette, anticipa eventi e ragionamenti dell’avversario oltre che i suoi per conquistare terreno, avvicinarsi all’agognato scacco matto. 

Per salvarsi, il giocatore si proietta nell’altro, gioca contro se stesso, fa esperienza della perdita al livello mentale in modo sistematico attraverso il sacrificio di alcune pedine, ma anche l’ego vede i suoi confini mutare.

Questa partita assomiglia così tanto alla partita della vita, che giochiamo ogni giorno. Ma c’è un errore che possiamo fare: possiamo giocare una partita a scacchi impari, in cui ci illudiamo di essere il Re, sorvolando i meccanismi imprevedibili, più grandi di noi, che invece ci porteranno alla sconfitta.

Infatti quando capita di vincere o di perdere, quasi mai ci accorgiamo che la nostra vittoria non è dovuta esclusivamente alla nostra meticolosa preparazione, bensì all’intermediazione di numerosi altri fattori, alcuni dei quali ignoriamo persino l’esistenza.

Cosa puoi davvero controllare?

E’ da qualche milione di anni, più o meno, da quando ha iniziato a sviluppare facoltà percettive, sensoriali e di immaginazione superiori rispetto agli altri organismi viventi, che l’uomo cerca disperatamente di anticipare il futuro. Lo fa spesso, come espressione dei nostri bisogni primari di protezione verso le avversità, di disorientamento verso l’incertezza e, allo stesso tempo, di quell’innata tensione verso forme di benessere sempre migliori.

Ma cosa è successo quando abbiamo messo noi stessi all’interno di questi meccanismi, applicando anche alla sfera individuale una sorta di metodo scientifico per tentare di controllare il domani?

Ma invece è proprio la scienza stessa a spiegarci che gran parte degli eventi di cui ci piacerebbe conoscere l’esito in anticipo, non sono in una semplice relazione univoca “causa-effetto”, bensì sono eventi complessi, determinati da più cause, che a loro volta possono essere indipendenti o in relazione fra loro, creando scenari spesso difficilmente prevedibili.

Quindi quello che facciamo, con le migliori intenzioni, è una “pericolosa illusione”: sovrastimando le nostre capacità previsionali, rischiamo di generare una sorta di dipendenza da programmazione seriale di eventi futuri.

La credenza di poter controllare il domani erode cuore, istinto e improvvisazione. Risorse formidabili che stiamo via via accantonando, perché ritenute rischiose.

E’ proprio quando la mente smette di cercare risposte esatte dove non le sembra possibile, che la nostra anima trova pace e di colpo si illumina il sentiero verso l’uscita dal labirinto. In quel momento si realizza un armistizio fra istinto e ragione, poiché il primo viene in soccorso della seconda, fornendo spiegazioni in modo che lei capisca “sentendo”.

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Buon vento 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE