La “ragazzata” non esiste.
Mettiamocelo bene in testa. Nulla, nessun comportamento, nessun amore, nessun pianto, nessuna
ribellione, nessuno scherzo, niente di niente può essere liquidato con “è solo una ragazzata”.
Non voglio suscitare le ire degli accademici, ma “ragazzata” fa venire in mente “ragazzo + cazzata”, e quindi,
per una sorta di processo di osmosi, “ragacazzata”, contratto in “racazzata”. È un processo mentale solo
apparentemente innocuo, che nasconde invece uno dei tranelli più deleteri e catastrofici, purtroppo
radicato e saldamente consolidato al punto di condizionare la reale percezione delle azioni.
Date un’occhiata a queste due definizioni tratte da dizionari reperibili sul web.
Ciò che balza è il concetto di leggerezza, levità, assenza di gravità, e quindi accettazione del fatto in ragione
della giovane età di chi lo compie.
Cosa c’è di sbagliato?
Due cose essenziali:
i ragazzi sono individui;
le azioni, tutte, hanno peso e conseguenze.
Troppo spesso invece il mondo adulto tende a usare questo comodo tappeto per spazzarvi sotto la sua
incapacità, o mancanza di voglia, di comprendere e assolvere al proprio ruolo guida, e di conseguenza, alle
proprie responsabilità.
«Sono solo ragazzi». Quante volte lo hai detto? Quante lo hai sentito dire?
Vediamo due estremi di applicazione, tanto consueti quanto delicati.
L’AMORE. Non vi è nulla di più assurdo del minimizzare una storia d’amore fra giovanissimi. È pur vero che spesso tali storie sono destinate a finire, ma ciò è conseguenza dei milioni di respiri che la vita ancora riserva a costoro, delle vie da
percorrere, delle circostanze che prendono corpo con il tempo. L’amore che si scopre e vive nell’adolescenza è di un’intensità cosmica, un’esplosione potentissima, un balzo alla cieca. È la vera essenza dell’amore, quella che si perde con la consapevolezza dell’essere adulti.
L’amore adolescente è il sentimento più intenso che un essere umano proverà nel corso della sua vita.
Tanto la sua concretizzazione che l’eventuale fine, sono vissuti in assoluta pienezza, senza frapporre ostacoli, ragionamenti, limiti.
«Ma sì, dai! È solo una ragazzata. Passerà»
E così, in questa superficiale frase, dimenticandoci del nostro io adolescente, insultiamo la capacità di amare dei nostri ragazzi.
Attenzione a minimizzare con questa scusa un amore che finisce! La capacità di soffrire di un ragazzo è pari solo alla sua capacità di amare. Il mondo gli crolla veramente addosso, la vita gli diventa veramente insostenibile. Non è una ragazzata, è Amore, con la A maiuscola. Anzi, di più. È una A che assomiglia a quelle lettere che negli scritti degli amanuensi occupava l’intera pagina, arricchita di particolari preziosi, sapientemente tracciata con il più fine dei pennelli.
Passerà, è vero, ma ciò avverrà domani. Oggi soffre, e il tuo compito è accettare la sua sofferenza come la più grande del mondo, sostenerlo, farlo sentire importante. Il tuo compito è oggi. Non deridere, non minimizzare, non liquidare. Oltre a essere assai ingiusto, è molto pericoloso.
IL BULLISMO. Ogni forma di violenza operata in ragione della giovane età è un fallimento degli adulti. Quando la si definisce “ragazzata” si cerca in realtà un alibi alla propria incapacità.
Sotto la giustificazione della “ragazzata” si compiono ogni giorno crimini osceni e intollerabili, che arrivano alla morte.
Purtroppo nessuna cronaca quotidiana ne è priva. Non è fenomeno dei nostri giorni; a essere cambiato è solo il grado d’informazione e i mezzi di diffusione delle notizie, che fanno in modo che finalmente se ne parli. Quanti stupri sono stati commessi e giustificati con “è stata una ragazzata”? Quanti suicidi ne sono conseguiti? Quanta violenza è stata svincolata? Quante morti? Quanto silenzio?
Le vittime sono i più deboli, come sempre: donne, emarginati, disabili, animali. Vittime facili. Sì, ma di chi?
La mano che agisce è giovane, spesso giovanissima, ma l’origine è tutta in quella frase pronunciata da bocche adulte:
«Sono solo ragazzi. Bravi ragazzi, e sono pentiti. È stata una ragazzata».
Non può esistere lotta al bullismo fino a che non verrà sradicato dalle menti della società questo parallelismo che non ha ragione di sopravvivenza.
Non serve essere genitori attenti, non servono le punizioni, i mea culpa, se alla fine verrà comunque pronunciata questa insulsa frase.
Le parole hanno peso. Non dobbiamo dimenticarlo.
“Ragazzata” è una parola assurda, priva di significato. È solo una giustificazione vigliacca. Una parola di cui avere orrore, e orrore devono fare tutti gli adulti che la usano.
È una parola che offende per primi i ragazzi e li trasforma in deboli anelli di una catena che nasce con “bambinata” per finire con l’inesistente ma reale “adultata”, coltivando l’assenza di responsabilità che si nutre di giustificazione e comoda menzogna.
Il ragazzo è un individuo, e come tale merita rispetto e considerazione, tanto quando ama con tutto se stesso che quando delinque.
Io non sono qui a sostituirmi né alla giustizia, né al ruolo sociale delle istituzioni, né mi ergo a giudice dei genitori.
Quello che mi preme è indagare i sottili meccanismi mentali che intervengono nella formazione e nella conduzione della vita dei singoli.
Quello che mi preme, dunque, è evidenziare come anche le parole, i modi di esprimersi comuni, giochino un ruolo nel pensiero, e come esso venga condiviso e recepito.
Quello che mi preme, quindi, è il bandire la superficialità dal pensiero, in particolare quando il soggetto è un adolescente.
Non “ragazzate” o meglio “ragacazzate”, ma solo ragazzi che quando amano meritano rispetto e attenzione, quando soffrono chiedono aiuto, quando delinquono in nome della loro giovane età, precipitano nel vuoto che noi scaviamo sotto ai loro piedi.
Buon vento
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online