Qualcuno ha detto che se si chiude in una stanza un bambino affamato con un coniglio e una mela, giocherà con il coniglio e mangerà la mela.
Fra animali e bambini c’è una stupenda e tenera corrente che non dobbiamo temere di definire amorosa, a partire da una curiosa affinità dei tratti somatici; e Disney lo sa talmente bene da averci costruito un impero.
Se rimanessimo bambini nell’anima, non riusciremmo a fare alcun male a un animale, a provocargli alcun dolore, per nessun motivo.
Ho parlato di una certa affinità di tratti: la natura ha l’intelligenza di modellare le sue creature in modo da assolvere a determinati scopi, che rispondono alla basilare esigenza di autodifesa. Cuccioli umani e cuccioli animali hanno caratteristiche che stimolano nella psiche tenerezza, dolcezza, senso di protezione, calma. Sono quelle rotondità ripetute nel corpo che producono endorfine: gli occhi, con le iridi che occupano quasi tutto lo spazio e mostrano solo piccole mezzelune di bianco, il naso, le guance, la fronte bombata, il corpo morbido e flessibile. E poi ancora i mezzi comunicativi, fatti di gestualità semplici e suoni.
Cuccioli d’uomo e cuccioli animali, tanto simili, tanto indifesi, tanto importanti anche per il nostro benessere interiore.
“Il sentimento per i cani è lo stesso che nutriamo per i bambini”, l’ha detto Sigmund Freud.
Il dividere la propria vita con un animale è sì abitudine antica e radicata nell’assetto sociale, ma è soprattutto negli ultimi decenni che ha raggiunto una copertura, se non totale, certamente assai ampia della popolazione. Gli animali, quelli che definiamo “domestici, d’affezione”, sono parte viva e integrante delle nostre famiglie, condividendo con noi spazi, luoghi, tempi e sorte. Quello che ci restituiscono con la loro presenza e partecipazione non è solo quella scarica di endorfine a cui ho fatto cenno, ma anche un importante arricchimento psicologico ed emotivo.
Eppure ancora molti sono gli atteggiamenti sbagliati, le credenze errate, la superficialità, che si traducono poi in veri e propri atti criminali quali il tristemente diffuso fenomeno dell’abbandono. Troppo spesso ancora si considera l’animale oggetto, e non essere senziente, nonché peso e fastidio quando si realizza che del peluche o del cartone animato ha solo le fattezze esteriori. Anzi, trascorso poco tempo, neppure più quelle! Il cucciolo, magari alla moda, magari visto in un film, in una serie tv, al fianco di qualche influencer, cresce; e questa cosa inaspettata e inaudita fa cadere letteralmente il proprietario dal pero: la soffice creatura è diventata meno soffice, quando piove puzza, e poi, oltre ad avere la strana abitudine di mangiare un paio di volte al giorno, fa pipì e cacca, e bisogna pure tirarla su se no ti danno la multa, senza contare che lascia peli un po’ ovunque, sui vestiti, sui divani, abbaia quando suona il postino, si fa le unghie. E non finisce qui; c’è di peggio: si ammala, costa in cibo, accessori, tempo, attenzioni, cure …
La conseguenza la conosciamo purtroppo tutti.
Ci sarebbe poi da aprire lo spinosissimo – soprattutto di questi tempi – capitolo sulla paura di fantomatici contagi di germi, di trasmissione di malattie, spesso in relazione all’arrivo di un figlio. Ovviamente il sottoscritto non ha titolo (pur avendone nozione) per confutare tali argomentazioni se non dal punto di vista strettamente psicologico, in quanto la psicosi del contagio è una vera e propria patologia, tanto che abbia per oggetto animali che persone o cose, luoghi, ambienti. Credo tuttavia che sarebbe sufficiente un po’ di buon senso e intelligenza per capire che non solo tale timore è ingiustificato e illogico, ma che esso non può essere comunque motivo per infliggere la sofferenza dell’abbandono e del tradimento a una creatura che vive di noi e per noi, e che in noi crede ciecamente.
F
atta questa premessa, vorrei cercare di affrontare con voi quel momento che è praticamente scontato che avvenga:
“Mamma, io voglio il cane”, “Papà, prendiamo un gatto?”, sottintendendo le varianti “coniglio, criceto, pappagallo, cavia, pesce …”.
Parte infatti molto spesso dai bambini l’input che porta ad accogliere in casa un membro non umano. Prima però dobbiamo capire se noi stessi, dall’alto della nostra condizione di adulti raziocinanti abbiamo compreso l’importanza e la grandezza di questo passo, e se abbiamo i mezzi mentali per affrontarlo e gestirlo in modo corretto.
Dirò ora cose scontate, ma solo apparentemente. È infatti incredibile come riusciamo a ignorare anche ciò che ben sappiamo, qualora l’ignorarlo ci faciliti la vita!
- Gli animali non sono cose. Lo sappiamo tutti, ma non si direbbe. Non mi riferisco a quanto accennato prima, che attiene alla sfera criminale. Mi riferisco piuttosto a tutta una serie di azioni, frasi e atteggiamenti inconsapevolmente errati, apparentemente innocui e benevoli, che invece possono risultare altamente diseducativi. Mai, e ripeto mai, il cane, il gatto, il pesce o il criceto devono assumere il ruolo di regalo, premio, ancor peggio, ricatto! “Te lo prendo se vai bene a scuola”, “Per il compleanno”, “Non te lo sei meritato” e altre frasi del genere devono essere assolutamente bandite. Evitate quindi che il nuovo membro a quattro zampe, due ali o qualche pinna arrivi in occasioni particolari e di ricorrenze; evitate poi fiocchi rossi sulla sua testa, scatole da cui salta fuori e altri tipi d’impacchettamento.
- Un animale si accoglie innanzitutto per l’animale, perché abbia una casa, amore e sicurezza; non per una nostra esigenza, non per colmare una nostra lacuna affettiva, non per esibire un trofeo sventolando un pedigree.
- Non sono un metodo educativo. Spesso si decide di prendere un animale nella convinzione che questo, con i suoi ritmi ed esigenze, responsabilizzi il pupo. Non starò neppure a valutare se e quanto sia vero; semplicemente non è giusto. È ovvio che dalla convivenza e dall’osservazione ne nascano forti e utilissimi insegnamenti; del resto succede anche attraverso la frequentazione di amici, nonni, compagni. Pensate che la presenza di un animale ha effetti positivi persino su personalità anaffettive. Deve però essere conseguenza, non scopo!
- Non sono giochi. Giocano e amano giocare. È diverso.
- Imparano, come tutti, con la pazienza e il tempo. E se non imparano, prima di accusarli di non capire bisognerebbe domandarsi se il problema non sia piuttosto in colui che insegna e che probabilmente non sa insegnare.
- Sono membri della famiglia e della società a tutti gli effetti, con le loro esigenze che vanno comprese, con i loro tempi per imparare, con le loro debolezze e pure con un limite di sopportazione che può portare anche a una lecita reazione, se superato. Le differenze fra un umano e un animale, compresa una sensibilmente diversa lunghezza di vita, esistono e vanno rispettate. La loro comprensione e accettazione deve essere arricchimento, non sterile e ottuso esercizio di superiorità.
- Insegnate ai vostri figli che quando qualcuno chiederà, “Bello! Cos’è?”, educatamente, senza arroganza, dovranno tacitamente tradurre quella domanda in “Chi è?”. E la più bella risposta, prima ancora di dire “labrador, terrier, siamese, cocker, barboncino, meticcio …” sarà: “è il mio cane/gatto, il mio compagno e amico più caro”. Il rispetto per le forme di vita diverse dalla nostra passa anche dalla rivoluzione del linguaggio. In una società che include il benessere dei nostri animali anche dal punto di vista economico (basti pensare all’enorme giro di affari che ruota attorno al “pet”), è assurdo ostinarsi a riferirci a essi come a “cose”. “Cos’è ?”va bene per una macchina, non per un componente della famiglia.
- Preparatevi ad amare. Preparatevi a soffrire. E preparateci i vostri figli. Se già ne avete avuto esperienza, sapete di cosa sto parlando e ne conoscete tutta l’intensità, se invece è un percorso nuovo, sappiate che la sofferenza del distacco sarà pari solo all’immensità di amore che ne avrete ricevuto. Quando succederà, cercate di non fargli vedere il vostro dolore, perché per lui non siete solo importanti, ma siete il suo unico mondo, il suo tutto, e nella sua mente limpida e pura potrebbe pensare che sta facendo qualcosa di sbagliato, e soffrirne.
Con la loro capacità psicoterapeutica, gli animali sono una sorta di concorrenti professionali di peluche; come io – e altri colleghi – offriamo una comoda consulenza da divano di casa, on line, loro la offrono in modalità carezza. La corrente affettiva uomo-animale è in grado di contribuire con forza alla costruzione dell’equilibrio psicofisico e alla conquista di consapevolezza, di autostima, serenità e libertà di pensiero. Non a caso la convivenza con essi viene osteggiata e combattuta pressoché in tutti i regimi totalitari.
C’è un vecchio e notissimo cartone, La carica dei 101, che inizia con una specie di sfilata uomo/cane che mette in evidenza la teoria secondo la quale essi finiscono per assomigliarsi. Percorrendo la strada per il mio studio qui, a Monterotondo, spesso mi capita di constatare quanto sia vera. Sì, uomo e cane in particolare entrano in simbiosi a tal punto da finire per assomigliarsi anche da un punto di vista fisico: il tizio tarchiato, pelato e muscoloso con il pit, il fricchettone con il simil spinone arruffato, la biondona con il cocker …
Beh, in effetti ci sono anche le eccezioni … !
Buon vento … impariamo ad annusarlo!
E l’antica amicizia, la gioia di essere cane e di essere uomo tramutata in un solo animale che cammina muovendo sei zampe e una coda intrisa di rugiada.
(Pablo Neruda)
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online