Panzana, frottola, menzogna, palla.
Si chiama bugia solo nell’infanzia, poi cambia non solo il nome ma anche la forma, la sostanza.
Fatto è che demonizzare la bugia, o palla in accezione più adulta e diffusa, è assurdo, perché essa risulta essere un elemento essenziale, indispensabile e irrinunciabile dell’intero arco di vita.
Viviamo di menzogna, in ogni singolo attimo, a partire da quelli in solitudine, condivisi solo con noi stessi, e trasciniamo la menzogna persino nella morte e oltre.
“Il giorno del lodo viene per tutti”. In un centro relativamente piccolo come Monterotondo, si sente ancora oggi qualche anziana ripetere questa frase di ritorno da un funerale. Già, la morte trasforma in lodi persino colpe, errori e rancori, ma è una palese frottola, l’ultima della serie, che suggella una vita di frottole.
Il nostro aspetto fisico è menzogna. Cerchiamo di ricreare quella persona che più ci piacerebbe essere o che pensiamo possa maggiormente piacere agli altri: capelli, abbigliamento e odore sono gli elementi sui quali tutti, addirittura inconsapevolmente, interveniamo.
Una frottola talmente comune e diffusa da non essere neppure percepita come tale. Altrettanto succede per il trucco, specie sul versante femminile, teso a mascherare difetti, esaltare pregi, comunque creare illusioni. C’è poi chi si spinge oltre, investendo soldi e rischi, sino a modificare anche sostanzialmente la propria fisionomia. Il web è pieno (ma non è un fenomeno nuovo; fino a poco tempo fa era compito dei giornalini di gossip) di spietati confronti apparenza/realtà. Star paparazzate al mare, con trionfi di cellulite in bella vista, panze allo sbaraglio, o al supermercato, senza trucco e senza filtri, piedi piatti, culi bassi, spalle cadenti.
Roba che ti guardi e ti pare di essere sceso direttamente dall’Olimpo. Roba che fa schizzare l’autostima più di una seduta alla SPA o dallo psicologo!
Non perdiamoci per strada però. Della percezione e influenza da parte dei personaggi famosi sulla nostra psiche parleremo in un’altra occasione.
Proseguiamo nel nostro viaggio attraverso la menzogna.
Il nostro comportamento è menzogna.
Sorridiamo, salutiamo, intratteniamo rapporti. Ditemi però, quanti dei sorrisi che fate in un giorno sono spontanei e sinceri? Forse due, o tre, quelli scaturiti dal casuale incontro con gli occhi di un bambino nel passeggino, oppure con la coda di un cane, o sentendo una battuta in metro. Tutto quell’apparato di salamelecchi con cui invece condiamo la sfera del lavoro e della quotidianità in genere, è frutto di una frottola funzionale, disconnessa dalla volontà e legata a due principi fondamentali: necessità di sopravvivenza ed educazione.
Sì, è proprio così. Le frottole, quelle “buone”, quelle inconsapevoli, rispondono all’esigenza del vivere, o meglio del quieto vivere, e non vi è nulla di condannabile in esse. Neppure quando entrano nella sfera della volontà sono tutte da demonizzare.
Facciamo un esempio.
Un amico t’invita alla sua festa di compleanno. Tu proprio non ne hai voglia. Succede. Hai i cavoli tuoi, un tormento, un problema, o anche semplicemente stanchezza e desiderio di riposo e solitudine, oppure non ti va d’incontrare altri invitati che non sopporti. Insomma, hai mille più uno sacrosanti motivi per non avere voglia di andare a quella festa.
Ora, i casi sono due: o ingoi il boccone e ci vai comunque, oppure dici “No grazie”.
Nel primo caso mentiresti, all’amico e a te stesso: far finta di niente, sorridere, tirare orecchie, battere le mani e cantare Tantiauguriateeeeee, fingere di divertirsi.
Il secondo apre a sua volta due scenari: o dici la verità o menti.
Dire la verità significa rispondere “No, grazie, non vengo perché non ho voglia”.
Per carità, la sincerità è sempre apprezzabile e lodevole, però sfido chiunque di voi ad apprezzarla a fronte di una simile risposta.
E allora ecco che interviene il pluricollaudato sistema della “scusa”: “Non vengo perché arriva mia zia dal paese. Non ce la faccio perché ho una riunione di lavoro che finirà in nottata. Non posso perché ho un attacco di labirintite”. Possiamo pure chiamarle scuse, ma pur sempre di panzane si tratta.
Panzane, ma funzionali a mantenere capra e cavoli, ovvero non offendere e non andare. Due al prezzo di uno!
Di frottole di questo tenore ne collezioniamo a badilate ogni giorno: dal semplice “scusa ero in bagno” per non aver risposto al telefono, al “stavo giusto per chiamarti”, fino al “Mmmmmm! Veramente delizioso!” ingoiando l’ultimo cucchiaio del terrificante budino al gusto marshmallow fatto da tua figlia.
Eppure il “non dire bugie!” è uno dei motivetti più gettonati nella colonna sonora dell’educazione dei nostri figli.
Siamo vittime di un’innata tendenza a idealizzare tutta la prima infanzia in genere: i bambini sono puri, veri, sinceri, limpidi. Partendo da questo enunciato, quando troviamo il pargolo con la cioccolata che gli esce pure dalle orecchie e si estende fino ai gomiti, che nega con forza, gridando “No! Non sono stato io!”, ci prende un colpo, ed escludendo improbabili possessioni del maligno, in un impeto di feroce autocritica cominciamo a domandarci dove, come, quando e cosa abbiamo sbagliato.
La risposta è “Niente!”.
È normale che il pupetto neghi, e altrettanto normale è che si sia intrufolato nell’armadio e abbia dato fondo al vasetto con le dita. Sta semplicemente imparando a vivere.
Nega perché sa che non deve. Anche se nessuno glilo avesse mai detto, è consapevole che il barattolo di cioccolata salta fuori in determinate circostanze, a colazione, a merenda, e che uno o due cucchiaini vengono spalmati, dopodiché il coperchio si chiude e il buio dell’armadio lo inghiotte un’altra volta. Però sa anche che gli piace parecchio, e probabilmente sa che se ne chiedesse ancora gli verrebbe risposto di no. Sa poi che ci sono “No” secchi e “No” articolati, tipo il “No, perché poi ti viene mal di pancia”, ma il risultato non cambia.
E allora lo fa! Segue il suo istinto, il sano desiderio di provare ancora quel gusto delizioso al quale non sa resistere e al quale sinceramente non capisce perché deve resistere, perché il mondo degli adulti resiste, e lo frega di nascosto dall’armadietto.
Nega perché sa anche che facendolo non sarà più un “bravo bambino”, quel “bravo bambino” che tu vuoi e ami. Insomma, nega per farti piacere, per rispondere a quell’immagine di perfezione che vorresti. Nega anche per non offenderti, e finisce per credere lui stesso alla sua menzogna.
No, non sono stato io a fregare la cioccolata, ma un altro bambino che si spaccia per me, che cerca di screditare la mia immagine ai tuoi occhi, cara mamma!
Se poi c’è un fratello o una sorella, preferibilmente più piccoli, su cui fare ricadere la colpa, non c’è neppure bisogno di quel fetentone del bambino immaginario!
Ripeto, sta solo imparando a tirare a campare, e non nulla di molto diverso da quello che tu fai ogni giorno e ogni momento, anche nei suoi stessi confronti.
Del resto ammettiamolo che ci mettiamo d’impegno per rendere il più ingarbugliata possibile la faccenda ai suoi occhi.
Gli ripetiamo di non mentire, ma lui ci ha visti con la sigaretta fra le dita pur giurando di aver smesso da tre anni. Gli diciamo di non dire bugie, ma quando in spiaggia ha puntato il dito verso la vicina d’ombrellone dicendo che era grassa come un elefante, o verso zio Pasqualino chiedendo perché fosse tutto pelato, si è beccato del maleducato e magari anche una sberla!
Gli diciamo di non raccontare frottole ma quando lui chiede a papà perché stesse sbirciando nel telefono di mamma, la risposta è di farsi i cavoli propri.
Sì, sta solo imparando a vivere, e l’insegnante sei tu. L’insegnante ma anche lo spettatore, il regista, lo sceneggiatore e pure il capocomico!
Probabilmente dipenderanno da te anche le panzane che dirà più in là, crescendo, diventando adolescente e poi adulto. Cercherà di mostrarsi come tu vorresti che fosse, e quindi bravo a scuola, esente da vizi, ma siccome è altro da quello che tu desideri sia, e questo solo per il fatto di essere un individuo autonomo, mentirà: nasconderà il tre di matematica, negherà di aver fumato o bevuto, vestirà al tuo cospetto l’apparenza che desideri vedere.
Possiamo dunque concludere con tre considerazioni:
la bugia infantile è crescita, autonomia e fantasia;
la menzogna dell’adolescenza nasconde un forte rispetto;
la panzana adulta è quieto vivere.
Tuttavia il mio non voleva essere, e non è, un elogio della palla. No, è solo l’analisi di uno psicologo psicoterapeuta, che per lavoro ma soprattutto per attitudine mentale, sviscera e mette a nudo l’apparenza.
Non a caso la verità viene sempre e ovunque dipinta e definita “nuda”.
Ci siamo occupati di una particolare sfaccettatura della menzogna. Ovviamente ne esistono altre, decisamente meno giustificabili.
Possiamo dire che la menzogna è come il colesterolo. Detta così, in una parola, sembra sempre e comunque roba brutta, però non è così. Esiste una tipologia buona e una cattiva.
Quella buona l’abbiamo vista; per quello che concerne la cattiva – che magari approfondiremo in un altro articolo, se vi va (fatemelo sapere!) – limitiamoci al momento a dire che si tratta di una menzogna nociva, mirata a danneggiare, a ingannare, ad approfittarsi.
E poi siamo sinceri. In fondo ci piace vedere il pupo sporco di cioccolata.
Fra te e lui è tutta una gara a chi la spara più grossa, che inizia nel momento stesso in cui inizia a logorarti con la sua infinita serie di “perché?”.
Infatti c’è una frase dello scrittore Charles Dickens che azzecca alla perfezione il concetto:
“Non fare domande, e non ti verranno dette bugie.”
Siccome però noi non riusciamo a vivere senza domande, impariamo ad accettare di buon grado anche le eventuali bugie.
Buon vento.
Queste mie chiacchierate (perché tali le considero) settimanali sono mirate anche a sviscerare problemi, e a offrire lo stimolo per rompere il muro e cercare il dialogo con uno psicologo di fiducia.
Se non hai possibilità di raggiungere i miei studi a Monterotondo o se vivi molto lontano, puoi contattarmi per una consulenza psicologica on-line tramite videochiamata utilizzando Skype o Whatsapp.
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online