Chi non è stressato? Nessuno. Lo stress è una condizione necessaria per l’esistenza umana, perché è una modalità di risposta alle vicissitudini della vita. Tuttavia, però è quasi impossibile assegnare un punteggio di stress a certi eventi della vita uguale per tutti.
La perdita del lavoro, ad esempio, era vissuta come una catastrofe da alcuni, come una liberazione o una nuova sfida da altri… Molto dipende dai significati personali che assegniamo agli eventi. Da quanto un cambiamento o una difficoltà incidono sulla nostra identità. E, non ultimo, da quanto siamo o meno in condizione, in una data circostanza, di adottare strategie efficaci per gestire lo stress.
Non per nulla alcuni autori hanno distinto lo stress buono, l’eu-stress, da quello disfunzionale, il di-stress. Nel primo caso percepiamo gli eventi come sfide stimolanti. Nel secondo come richieste in grado di sopraffarci senza possibilità di farvi fronte.
Molte delle persone che si rivolgono a me, nel mio studio di Monterotondo oppure online, si recano da me in entrambi i casi: sia per affrontare efficacemente l’eu-stress, sia per trovare gli strumenti giusti per uscire dalla sopraffazione del di-stress.
Da dove iniziare per gestire lo stress?
Per stress si intende ogni causa fisica, chimica e psichica capace di esercitare sull’organismo uno stimolo. Nella quotidianità è una parola che va molto di moda, dato lo stile di vita frenetico, che porta a dover conciliare la routine quotidiana con la velocità, che viene imposta dal lavoro e dagli impegni, senza contare le preoccupazioni continue e la sollecitazione a cui il sistema emotivo è sottoposto.
Oggi la parola d’ordine è “velocità” e il nostro corpo si è così abituato a sostenere questi ritmi che ormai quasi li diamo per scontati e non ce ne accorgiamo più, pensiamo sia la normalità, ma poi arriva il conto da pagare e lo stress piomba su di noi come un martello sull’incudine.
Infatti, come diceva Harvey B. Mackay , “Lo stress dà spesso a una piccola cosa una grande ombra”.
Di troppo stress ci si può ammalare, tanto nel corpo quanto nella mente. E qui ritorna quanto dicevamo prima. E cioè che la portata stressante di un evento non è oggettiva, ma varia anche in base a come noi stessi reagiamo ad esso. In altre parole: la nostra sensazione di allarme, disastro, e catastrofe imminente non è un dato di fatto. Molto più probabilmente corrisponde ad un nostro temporaneo stato della mente. Ad uno dei modi, non l’unico, in cui possiamo percepire la portata degli eventi.
In queste situazioni pensiamo che la priorità sia quella di risolvere il problema. Questo accade perché l’attivazione psicofisica in caso di stress rappresenta una reazione di allarme a fronte della quale sentiamo di dover agire rapidamente. Ma, in realtà, prima di poterci occupare del problema dobbiamo occuparci del nostro stato mentale, dobbiamo disinnescare l’eccessiva reazione di allarme. Altrimenti non avremo mai sufficienti risorse emotive e cognitive per poterci occupare di ciò che sta accadendo.
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In primis chi è stressato fatica a prendere sonno, dorme male e anche quando riesce a dormire si risveglia stanco e privo di energia vitale. Ha difficoltà a mantenere alta l’attenzione, ad ascoltare e anche di memoria. Anche lo stomaco viene interessato, infatti spesso lo stress viene associato a problemi digestivi e a intensi bruciori di stomaco.
Tachicardie e irregolarità varie del battito posso comparire in periodi particolarmente stressanti, e anche le ghiandole del sistema endocrino possono venire colpite, creando un’eccessiva sudorazione o un’eccessiva attività secretoria delle ghiandole periferiche (surrenali, pancreas, reni, tiroide).
E’ necessario innanzitutto fermarsi e chiederci: “perché sono così nervoso?”, “cos’è che mi fa stare male?”. Il più delle volte, infatti, siamo talmente travolti da questo senso di malessere da non riuscire a capirne la motivazione e spesso non tentiamo nemmeno di trovarvi una narrazione. Già riuscire a inquadrare la fonte del nostro nervosismo è metà del percorso.
Bisogna prima di tutto imparare ad affidarsi ai segnali del proprio corpo, accettando la propria condizione e le proprie contraddizioni.
E’ bene liberare le proprie emozioni, perché imprigionarle vuol dire insabbiare una parte di noi che cercherà in tutti i modi di farsi sentire. Liberarle, invece, vuol dire aprirsi al mondo, accogliersi totalmente, vivere a 360 gradi.
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Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE