Beato è, come un dio,
chi davanti ti siede e ti ode,
e tu dici dolci parole e dolcemente sorridi.
Subito mi sobbalza, appena
ti guardo, dentro nel petto il cuore,
e voce più non mi viene e mi si spezza
la lingua, e una fiamma sottile
mi corre sotto la pelle,
con gli occhi più niente vedo,
romba mi fanno gli orecchi, sudore mi bagna e tremore tutta mi prende,
e più verde dell’erba divento
e quasi mi sento, o Agallide, vicina a morire.
Saffo_Fr. 31 V _ Traduzione Manara Valgimigli
Passione distruttiva quella della poetessa greca Saffo, la decima musa come la definì Platone, talmente distruttiva che la sola mancanza di attenzione da parte del soggetto amato ne scatena una violenta reazione fisica e mentale, come in preda a un’autentica crisi di astinenza da sostanze stupefacenti.
Amori al limite della follia e ossessioni devastanti sono la linfa della letteratura di ogni tempo, da Catullo a Shakespeare, Rimbaud, Tolstoj, fino alle cinquanta sfumature di grigio di E. L. James.
Pensiamo a Didone, Medea, Anna Karenina, Cho Cho-San, meglio nota come Madama Butterfly, per i melomani, o Giselle, per chi ama il balletto … ma cosa si cela dietro queste eroine che fanno fremere il cuore del lettore e dello spettatore?
La risposta è semplice: delle ottime clienti … scusate, volevo dire, una buona dose di sindrome da dipendenza affettiva, “Love addiction”.
“Deformazione professionale”, penserete voi!
Un po’ avete ragione … abituato a indagare le sfere più intime dell’essere umano, ho una certa propensione a “sbucciare” fino all’osso – passatemi il termine ma mi pare piuttosto incisivo – anche la più romantica e coinvolgente eroina da romanzo … anche se questo, credetemi, non mi impedisce di gustarne sino in fondo la straordinaria bellezza espressiva.
Ma la “sceneggiatura del mal d’amore” – per dirla con le parole del collega Enrico Maria Secci – non ha i soli contorni del romanzo; è una piaga reale dei nostri tempi, e anche molto diffusa, in particolare fra il genere femminile come la stessa letteratura evidenzia, ma in crescente aumento anche fra gli uomini.
Questa volta non mi soffermerò più di tanto sul significato, già estremamente chiaro:
Dipendenza = condizione di subordinazione, inconscia posizione di non-autonomia;
Affettiva = … beh, spiegarlo è assolutamente superfluo!
Quindi una “droga” in piena regola, con annessi e connessi sintomi: euforia, ebbrezza, desiderio smodato, depressione, ansia, pensieri ossessivi, ossessione e ancora ossessione, disagio, senso di inadeguatezza, malessere, …disperazione. Alla base di tutto ciò, uno spasmodico desiderio di protezione che ha radici profonde tanto nell’inconscio quanto nei trascorsi affettivi, e che si trasforma in terra fertile per un crescendo di insicurezza e annullamento di se.
“Mi ami? Ma quanto mi ami? … Mi pensi? Ma quanto mi pensi? … Ti manco? Ma quanto ti manco? …”
Chi non ha più vent’anni e una certa dimestichezza con le cornette dei telefoni, ormai praticamente sconosciute ai più giovani, sicuramente ricorderà questo tormentone che passava in tv ogni quarto d‘ora per sponsorizzare una compagnia telefonica.
“Ma quanto mi costi?”, rispondeva la madre, non so se più preoccupata per la bolletta o per la prevedibile parcella dello psicoterapeuta della figlia!
All’altro capo del telefono, silenzio assoluto. Nulla dello sconosciuto ci ha voluto svelare il regista dello spot, lasciando aperte le porte della nostra più sfrenata fantasia. E allora divertiamoci, a formulare almeno due ipotesi.
La prima è che costui, dopo tre quarti d’ora buoni di “ma quanto? Perché? Dimmelo! Non me lo hai detto? Cosa ti ho fatto? Sei sicuro che mi ami? Allora perché stai zitto? Ecco, non mi ami, lo sapevo! E’ colpa mia! Dimmi che mi ami. Riattacchi tu? Riattacco io? No, io no! Fallo tu! Ahhh, lo fai? Allora vuol dire che non mi ami! Perché non mi ami? …”, in preda a un attacco di nervi abbia riagganciato dopo averle gridato con voce strozzata “MI HAI ROTTO? MA QUANTO MI HAI ROTTO????”.
La seconda prevede invece dall’altra parte un soggetto che trae sommo piacere da questa ossessiva sottomissione dell’amata, un vero e proprio “Narciso” che sguazza nelle attenzioni, gonfia le penne come un pavone e si gode in silenzio estatico il tormento della poveretta lustrandosi le unghie …: “mmmmm …Sì, dai, così … dimmelo ancora … continua … lo so che non puoi vivere senza di me! E’ naturale che tu mi ami, non potresti farne a meno … sono bello, sono grande, sono il più fico … Madooo quanto sono fico!!!!! Annullati ancora, così … Per me è estremamente più difficile … amare …io posso solo … lasciarmi amare, e sono estremamente magnanimo a lasciarmi amare da … una come te”.
Voglio farvi una proposta: se avete qualche personale ipotesi sul misterioso malcapitato, scrivetemelo, potrebbe nascerne uno scambio di idee stimolante, divertente e anche utile!
Torniamo a noi.
Ossessionare, continuare a chiedere, assillare, andare alla ricerca di conferme, vivere di timori di fallimento e tradimento, mitizzare il partner, soffocarlo di attenzioni, svilirsi ai suoi occhi, trasformarlo nella propria unica ragione di vita, non sono dimostrazioni di Amore, quello con la A maiuscola, e comunque portano o a un allontanamento per sfinimento, oppure ne vanno ad alimentare le dinamiche di un perverso narcisismo.
E’ un gioco assai pericoloso quello dell’ossessione d’amore, e una sorta di cavallo di Troia carico di incognite!
“Non poter fare a meno di qualcosa significa che non la possediamo ma che ne siamo posseduti” da Aforismi Terapeutici di E. M. Secci
Il dipendente affettivo molto spesso diventa vittima di un violento senso di inferiorità e finisce per chiudersi totalmente al mondo esterno, alla sfera degli amici, alla famiglia, al partner stesso, e si ripiega nel proprio inconscio, tormentandosi e giudicandosi, soffocando totalmente il proprio “io” e con esso ogni desiderio e interesse che non sia in funzione dell’altro, l’oggetto della propria ossessione amorosa.
Ho privilegiato il rapporto di coppia ma vi sia ben chiaro che la dipendenza affettiva abbraccia tutte le sfere dei rapporti interpersonali, da quello genitore/figlio all’amicizia, con le medesime dinamiche.
Ti sei riconosciuto? E allora …
CHE FARE?
- Ovviamente riconoscere che esiste un problema …;
- Essere consapevole che il “problema” può tradursi nella perdita del soggetto amato, e sempre, comunque, di se stessi;
- Sapere che il “problema” può essere risolto;
- Considerare che la risoluzione del “problema” potrà comportare, tramite un ritrovato equilibrio, un sano rafforzamento del rapporto amoroso.
- Ristabilire una buona dose di “amor proprio”;
COME?
Da soli non è facile. “Love addiction” è una vera e propria dipendenza, e come tutte le dipendenze comporta una disintossicazione che prevede tappe e fasi ben calibrate e precise al fine di una risoluzione duratura e definitiva.
Io sono qui, e insieme possiamo studiare il percorso che più ti si addice, oppure semplicemente iniziare facendo una chiacchierata … come vuoi.
Intanto guarda che cosa ho trovato … una volta si diceva che una donna deve avere sempre nell’armadio il famoso tubino nero, che risolve ogni occasione. Bene, sicuramente non stonerà con questo capo, non particolarmente elegante ma di sicuro impatto, e desidero vedertelo sfoggiare alla fine del nostro percorso, assieme al più smagliante dei sorrisi!!
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Buon vento e … alla prossima.
Federico Piccirilli
Psicoterapeuta
Esperto in Terapia Breve
P.S.
Sotto, come al solito, troverete i consigli di lettura, ma questa volta voglio anche suggerirvi una canzone, Narcissus di Alanis Morissette.
Perché, perché mi ostino a cercare di amarti,
cercare di amarti quando in realtà tu non vuoi che io lo faccia
…
Perché, perché mi ostino a cercare di aiutarti,
quando in realtà tu non vuoi che io lo faccia
…
Perché, perché mi ostino a cercare di cambiarti ,
cercare di cambiarti quando in realtà tu non vuoi che io lo faccia
…
E qui potete trovare il testo originale e tradotto.
Letture Consigliate:
E.M. Secci
Gli uomini amano poco – Amore, coppia, dipendenza