Lieto fine

“Non voglio il lieto fine, voglio il gran finale. Come quelli dei prestigiatori, quelli che ti lasciano a bocca aperta e ti fanno credere, per un istante, che le magie possano esistere” scrive Erin Doom.

E’ iniziato un nuovo anno, le cose finiscono in continuazione, ma come puoi fare per farle finire al meglio?

La psicologia insegna che la mancanza di chiusura è una sensazione fastidiosa per la mente, perché non avere informazioni ci impedisce di conoscerci meglio e ci rende difficile capire il mondo che ci circonda.

Molte persone che si rivolgono a me, nel mio studio di Monterotondo oppure online, mi raccontano di quanto sia fastidioso per loro sentire quell’idea di sospensione nel vuoto, tra il finito e non finito. Si può risolvere? Forse si.

Vari tipi di chiusura, tante nuove aperture

Le persone con un forte bisogno di chiusura sono caratterizzate da una grande intolleranza all’incertezza. Tendono a essere persone ossessive, dipendenti dall’ordine, dalle regole e dalla prevedibilità. Hanno bisogno di strutture della realtà ben definite. Possono essere autoritarie e dogmatiche, convinte di conoscere il “giusto modo” di agire.

Tuttavia, però, ci sono anche persone che hanno bisogno di evitare la chiusura. In questo caso, si sospende l’impegno con il proprio senso critico. In altre parole, la persona preferisce non sapere cosa è successo, perché presume che la spiegazione le farà più male della semplice esposizione all’incertezza.

In ogni caso, bisogno o non bisogno di chiusura, una cosa è certa e la diceva anche Antonio Curnetta: “La rinuncia non è sempre una sconfitta, anzi a volte è necessaria. Non si trova la strada giusta, se non si ha la forza di abbandonare quella sbagliata”.

Ad ogni ciclo che riesci a chiudere, recuperi un frammento di te: perché chiudere i cicli richiede di saper guardarsi dentro con onestà, significa diventare un po’ più consapevole, un po’ più conscio delle proprie forze e debolezze, vuol dire conoscersi meglio e crescere, implica togliersi di dosso quelle maschere che ci fanno sentire al sicuro ma che sono solo illusioni e bugie.

Superare per avvicinarsi alla propria meta

Per nostra natura non amiamo stringere il cerchio e ci spaventa molto lasciare andare o rinunciare a qualcosa. Per quanto appaia evidentemente malsano, preferiamo tenere stretto qualcosa che ci fa male ma che “conosciamo” piuttosto che fare spazio a qualcosa di nuovo ma sconosciuto.

Chiudere un ciclo incide in maniera diretta su quello che succederà nel futuro. Se il ciclo, qualunque esso sia, rimane aperto, interferirebbe poi inevitabilmente con lo sviluppo personale. Un po’ come non riparare un rubinetto che gocciola sperando che la perdita non incida in termini di costi economici ed ecologici.

Il superamento di una fase della vita, di un ciclo, implica superare una perdita, una rottura o accettare un cambiamento o una trasformazione per fare posto a ciò che verrà.

Quando questo accade iniziamo a ricordare con affetto, ma non con necessità, possiamo ringraziare per quello che è stato e non soffrire per ciò che non è più, siamo riusciti ad assimilare la perdita come un’esperienza per crescere e imparare, non come una caduta che ci ha reso più deboli.

È un grande errore rovinare il presente ricordando un passato che non ha futuro.

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Buon vento 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE