Quante volte hai detto a tuo figlio: “Eh io alla tua età già avevo messo su famiglia e lavoravo da diversi anni”?
Eh già… capita spesso di paragonarci a loro oppure di rivivere in loro.
Lo fanno tutti i genitori. Anche i genitori che spesso si recano nel mio studio di Monterotondo.
Ma ultimamente i vari cambiamenti sociali ed economici che stanno investendo la nostra società hanno destato un nuovo tipo di preoccupazione tra i genitori nei confronti dei loro figli: “Che futuro avrà mio figlio?”.
Fino alla scorsa generazione avveniva un passaggio netto dalla giovinezza all’età adulta. I ragazzi e le ragazze decidevano presto che lavoro avrebbero fatto con alte probabilità di trovare un’occupazione. Il loro obiettivo a breve termine era quello di trovare la “sicurezza” per mettere su famiglia.
Anche per i giovani di oggi c’è ancora questo obiettivo, ma qualcosa è cambiato…
Già le passate vicende mettevano in allerta il futuro dei nostri uomini e delle nostre donne del domani, ma ora ci troviamo davanti ad un dilagare del precariato, in un contesto instabile e senza prospettiva.
E proprio questo contesto d’incertezza alimenta le paure per il futuro, le insicurezze per ciò che sarà, l’instabilità sulla quale non si possono inserire delle basi solide su cui poggiare.
Ma come rispondono i nostri giovani?
Secondo le ultime ricerche sono aumentate le minacce di suicidio e i comportamenti autolesivi, i disturbi del comportamento alimentare, i conflitti fra genitori e figli, i ragazzi che hanno deciso di ritirarsi dalla scuola e dalla vita sociale e tante altre manifestazioni di sofferenza psichica adolescenziale.
La pandemia ha esacerbato un malessere che già si intercettava da diverso tempo.
Come ha affermato lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente dell’associazione Minotauro di Milano, docente di psicologia all’Università degli Studi di Milano Bicocca: “In adolescenza non si soffre esclusivamente per ciò che è accaduto in passato, ma soprattutto per ciò che si percepisce non potrà accadere. La sofferenza, il disagio adolescenziale dipende moltissimo dall’assenza di prospettive future. Il dolore deriva dalla sensazione di non poter realizzare i propri compiti evolutivi, di non riuscire a costruirsi una propria identità, di non intravedere la possibilità di realizzazione di sé e di sé nella società di cui si fa parte. In questi due anni ci sono stati adulti che hanno fatto pensare ai giovani che stessimo pensando a loro e al loro futuro?”
In effetti ci scagliamo spesso contro i nostri giovani: li rimproveriamo, li definiamo irresponsabili, li consideriamo sfaticati, li puniamo, ma non ci fermiamo mai a chiedergli qualcosa sui loro sogni. Non guardiamo mai oltre la sofferenza che ci mostrano in superficie e che rivestono di rabbia e paura.
I giovani sembrano sempre distratti e non curanti, ma assorbono molto più di quello che crediamo le informazioni del contesto che li circonda. Anch’essi sono vittime della nostra stessa frustrazione, ma al contrario nostro, oltre ad essere preoccupati per il presente, tra questa nebbia di incertezza, non riescono a guardare il futuro.
Il lavoro è fondamentale da punto di vista psicologico, permette l’autoaffermazione, l’autonomia economica, la realizzazione dei propri sogni e la soddisfazione dei propri bisogni. Consente di sperimentare la propria autoefficacia e di rinforzare la propria autostima. E’ proprio questo che i nostri ragazzi non riescono a vedere all’orizzonte e il mondo degli adulti gliene dà conferma quotidianamente.
Se il lavoro è il primo ad essere intaccato dalla crisi, si rischia una crisi di identità, un crollo personale e il fiorire delle paure di non farcela.
I giovani soffrono d’impotenza, hanno paura di non riuscire ad esprimersi, a realizzarsi, a corrispondere alle proprie aspettative e a quelle degli altri e tutto ciò si somma alla paura di deludere i genitori, di non sapere come fare in un futuro senza di loro, di vedere gli altri magari in qualche modo andare avanti, delle raccomandazioni, di un Paese che non premia con la meritocrazia ma chi troppo spesso ha già un paracadute da aprire nei casi di necessità.
Cosa possono fare i genitori al giorno d’oggi?
Possono condividere insieme ai figli il tema del dolore, della sofferenza, degli inciampi e della morte, come parte costituente della vita.
Ma soprattutto possono interessarsi autenticamente a loro: ogni figlio è unico e merita attenzioni.
Accogliete la loro preoccupazione, sostenete le loro fragilità, ascoltate la loro rabbia, guardateli bene in volto e riconoscerete il vostro passato, guardate bene i loro occhi, togliete le lacrime e riconoscerete il loro futuro.
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Buon vento 😉
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE