Gioia e dolore

Quanto rincorriamo la felicità? “Voglio essere felice” è un pensiero che fanno tutti, prima o poi.

Ma cosa significa essere felici?

La felicità spesso sembra un’idea inafferrabile quasi scivolosa. Pensiamo di poterla afferrare ma poi ci sfugge. Tuttavia, però, la felicità crea un circolo virtuoso: quanto più sperimentiamo emozioni positive, tanto più diventiamo in grado di perseguire i nostri obiettivi e gestire lo stress con successo.

Infatti la gioia è lo stato di appagamento e felicità, che di solito si manifesta quando raggiungiamo obiettivi, vediamo esaudito un desiderio o soddisfatto un bisogno.

Ma la felicità è uno stato temporaneo piuttosto che un’acquisizione permanente e proprio per questo motivo abbiamo bisogno di capire quanto sia importante per noi il dolore.

Il dolore: un “male” necessario

La gioia non è uguale per tutti, ma, in linea di massima, soddisfa i desideri e i bisogni fondamentali di ogni individuo, genera piacere ed enfatizza qualcosa di buono che sta accadendo. Inoltre ha la capacità di stimolare la flessibilità e l’adattamento, attraverso l’interazione con l’ambiente. 

Tuttavia, però, “Si impara soffrendo . La felicità non ti insegna niente, è bellissima, te la godi, ma è il dolore che ti insegna le cose. Come sopportarlo, come tenerlo affianco. Nella vita ne avremo tanti di dolori, ma bisogna imparare a capire come fotterli” dichiarò Roberto Vecchioni in un’intervista.

Per dirla con le parole di Eschilo, “πάθει μάθος”, che solitamente viene tradotto come “conoscenza attraverso la sofferenza”. Ed anche i latini affermavano che “in absentia praesentia”: è nell’assenza che si scopre e si comprende veramente l’essenza delle cose e delle persone. 

Sperimentando una condizione diversa ci accorgiamo con più lucidità del “prima”, di ciò che avevamo e di ciò che abbiamo ancora. E forse questo ci porta ad apprezzare di più tali cose, perché finalmente esse si mostrano davanti a noi, si palesano al nostro occhio, alla nostra analisi. E tutto questo avviene in una condizione di privazione, nostalgia, dolore per la condizione persa. Proviamo sulla nostra pelle la privazione e maturiamo, diventiamo forse maggiormente consapevoli. Consapevoli anche dei nostri limiti. I limiti che abbiamo come singoli, ma anche i limiti che abbiamo come specie, i limiti della condizione umana. 

Gioia : dolore = sale : pepe

È importante riuscire a chiarire che quel momento vissuto, quella situazione, quella emozione, sono solo una parte della propria vita, del proprio mondo relazionale. Il rischio di identificarsi con quel dolore, con quella gioia, con quel momento, finisce per allontanarci dalla complessità della quale facciamo parte.

Una volta riconosciute, le emozioni iniziano ad avere un colore diverso. La possibilità di incanalarle verso una definizione è il primo passo per affrontarle. Ogni emozione deve essere riconosciuta, riqualificata, ridefinita, resa consapevole. 

Solo in quel momento diventiamo attori attivi della nostra vita e siamo pronti a sentire che noi possiamo cambiare certe cose della nostra esistenza, liberandoci dalle limitazioni che hanno potuto condizionare la nostra esistenza.

Possiamo scegliere di riformulare le decisioni e in questo modo riuscire ad essere maggiormente autonomi e indipendenti e soprattutto liberi di vivere le nostre emozioni.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE