fatti non foste a viver come bruti
dice il Poeta.
Versi sublimi, che prima ancora di colpire nel segno sviscerano ricordi di banchi scarabocchiati con gli angoli mangiati dell’incuria, aule anonime in cui anche il respiro rimbomba, professori con la spolverata di forfora sulla giacca e l’alito che sa di cappuccino.
… ma per seguir virtute e canoscenza
prosegue il Sommo, incurante dell’atmosfera soporifera che si è andata a creare nell’aula. Anzi, a pensarci bene fra gli sbadigli si sente anche qualche risatina di strascico che prosegue dall’incipit “Considerate la vostra semenza …”, proclamato con enfasi dal professore gusto cappuccino. Comunque, al di là della nostra ingratitudine adolescenziale tanto per il buon vecchio Dante che per quel poveretto che cercava di scuotere le nostre coscienze lanciando strali da sotto le spesse lenti, fino a qui il discorso non fa una piega: non siamo nati per vivacchiare, bruti che si imbruttiscono nell’ignoranza, ma per elevarci fino alle alte sfere del sapere, dove risiede la nostra “semenza”.
Peccato la conclusione.
Se Dante intendeva stimolare l’uomo all’elevazione di se stesso attraverso la conoscenza, mi spiace, ma ha cannato in pieno. Ulisse, bello tronfio, pronuncia queste parole che profumano di saggezza e i suoi compagni, come polli lo seguono per fare poi la fine del topo nella stiva. Lo ammette pure il protagonista di aver fatto una ca##ata: “infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”; il professore ripone la Divina con religiosa cura e lancia il trabocchetto: “Chi di voi ha capito cosa significa?”.
Fra il generale torpore saltava sempre fuori il ditino alzato del secchione, quello che ha l’erre moscia endemica, quello che studia 23 ore al giorno, quello che è il sogno di ogni madre che si rispetti, a introdurre la sua perla di saggezza:
“Ma pvof, fovse Odisseo pecca di ÜBVIS!”.
L’Übris, pronunciata con la ü alla tedesca (quella con la dieresi, della birra, per intenderci) fa sempre il suo bel figurone in ambito scolastico, ed è uno dei classici espedienti dei secchioni per provocare un travaso di rosolio nei docenti. Ed ecco che l’intero canto XXVI si materializzava nell’aula, un branco di inguaribili bruti abbruttiti e senza speranza e solo un paio di incarnazioni sublimi della saggezza che rischia di trasformarsi in peccato di übris, o übvis, per dirla con il nostro secchione.
Diciamo la verità, quello stato di bruta ignoranza in fondo ci piaceva! Perché rischiare il naufragio, oppure diventare come il secchione con l’evve moscia?
Non sto scaricando la colpa di generazioni di adolescenti che hanno abbandonato gli studi sul Sommo Dante, sia ben chiaro, e neppure sull’incolpevole, ed eccellente, professore o sui compagni diligenti. Sto soltanto cercando di introdurre l’argomento spinoso della percezione dell’ambiente scolastico che hanno i nostri/vostri ragazzi.
L’abbandono scolastico è un fenomeno, o meglio un problema, che negli ultimi anni ha fortunatamente visto un considerevole calo, avvicinando il nostro paese all’obiettivo del 10% fissato dalla Commissione Europea per il 2020. Vi invito, se avete voglia, a leggere il rapporto dell’agenzia Indire relativo al 2016 e a dare un’occhiata a questo articolo, dove trovate anche un’interessante infografica.
Qui però non intendo, non essendo mia materia, indagare le cause e neppure proporre soluzioni, che non mi competono; voglio solo rivolgermi a te, genitore, per cercare insieme di affrontare con serenità questa delicata fase della vita dei tuoi figli e renderla costruttiva per futuro.
Ho scherzato, come mio solito, ma l’argomento è alquanto serio, più di quanto tu possa immaginare, e ho inteso riportarti a quando allievo eri tu; che fossi uno dei bruti oppure Ulisse non ha alcuna importanza.
Ricordi quel tuo primo impatto con la vita? La scuola è infatti questo, la prima palestra di quella che sarà la vita. Fuori dal guscio domestico c’è il mondo, il rapporto con gli altri, i successi, i fallimenti, le delusioni, la feroce competizione, la routine spesso noiosa e sgradevole, la consapevolezza di avere dei doveri e ricoprire un ruolo sociale, e lo sforzo di farcelo piacere anche se magari è diverso dal sogno. Questo è il suo scopo nobile, tendiamo a dimenticarcelo, ma è così.
La scuola, come istituzione, ha i suoi sacrosanti doveri e, fra polemiche e critiche, ha comunque compiuto passi da gigante. Il cappello dell’asino non esiste più, e neppure la lavagna dietro alla quale ricoprire di vergogna il bruto che non intende elevarsi fino a rischiare l’übris. In questo suo percorso evolutivo, ha pure fatto ai nostri ragazzi una delle più portentose bastardate che potessimo immaginare, trasformandoli da carnefici a vittime proprio su quel fronte del quale sono i padroni assoluti e indiscussi, la tecnologia. L’istituzione dei registri elettronici ha cancellato in un attimo decenni di voti manomessi, 3 che si trasformano in 8, firme ricalcate con mano da ubriaco, buchi causati dalla parte blu della gomma sulle caselline della pagella, fughe strategiche con lo zaino in spalla; bigiare, fare se#he, caliare, fare fuoco, fare filone, marinare, … sono gerghi che ormai odorano di vintage. Soddisfazioni che, ricorda, tu ti sei preso ma a loro sono precluse
Non mettertici pure tu a rendere ancor più dura la vita di quel poveretto che si affaccia alla vita!
Pensa a chi eri e poniti delle domande, ma prima di tutto considera l’individuo che hai di fronte, non il tuo cucciolo ma la persona che sarà.
Vive un momento difficilissimo, che con gli anni che si accumulano sul groppone tendiamo a dimenticare; deve lottare con il naturale e sano istinto a crogiolarsi sotto al piumone, imparare a gestire un corpo che gli è ancora estraneo e talvolta nemico, intasato da tanti di quegli ormoni che il raccordo anulare all’ora di punta sembra il deserto, vive le prime travolgenti passioni, scopre istinti che credeva esistessero solo nei film, cerca di dominarli a fatica, sogna, sogna tantissimo, ed è giusto così.
Il mondo di un adolescente è un cavallo di Troia carico di lotte, drammi, esaltazioni sfrenate, fantasie, tutto proiettato all’ennesima potenza; è un animale che scalpita in gabbia, e le sbarre si chiamano famiglia e scuola. Non puoi pretendere che la mattina saltelli di felicità quando si alza, come l’Endicott della canzone di Kid Creole che alcuni di voi ricorderanno o possono rigustarsi qui, e neppure che recepisca la scuola per quello che realmente è il suo scopo; per lui è un’immane rottura di palle e basta (e poi sotto sotto non ha neppure tutti i torti).
Sta a te addolcirgli la pillola, senza fargliela ingoiare a forza ricoperta di ulteriore amaro. È una questione di sopravvivenza, tua e sua.
Sei pronto ora per farti un’autoanalisi, con tutto l’amore che ti compete ma soprattutto con intelligenza, e una buona dose di astuzia?
- Lo osservi o gli stai addosso? La prima cosa è utile e costruttiva, la seconda letale. Osservare e cercare di cogliere quello che tace ma spera sotto sotto che tu capisca: disagi con i compagni (rivedremo presto questo argomento, delicatissimo e importante, magari nei prossimi giorni, se ti va), difficoltà oggettive che gli è più comodo aggirare o nascondere, sintomi di resa, spesso dettati da una svogliatezza patologica in ragione dell’età. Evita di vivere in dipendenza dell’App del registro elettronico, di assillarlo con i voti, i risultati eccellenti, i paragoni, “e Tommaso quanto ha preso?”. Che te ne frega di Tommaso! Mica è figlio tuo. “hai fatto scienze?” “domani hai la verifica” “ma come? Hai preso solo 7 e mezzo?”. Non assumere il ruolo di voce della sua coscienza; avrà la tentazione di tapparsi le orecchie.
- Quanto ritieni importante il suo rendimento? È il suo rendimento, non appropriartene. Quel brutto voto non intaccherà minimamente la sua vita, fai in modo che non intacchi il tuo orgoglio. I ragazzi hanno tempi di maturazione diversi e presto tuo figlio raggiungerà Tommaso (quello con la ‘evve’ moscia), e anche talenti diversi. Se non è tagliato per la matematica non diventerà Fibonacci grazie alle tue ossessioni, e finirà per voler vedere morto Tommaso. Aiutalo a vivere la scuola come uno spaccato della società e come un semplice mezzo, non come un podio olimpico. Ma ammettilo, pure il suo rendimento sportivo ti ossessiona.
- Hai pregiudizi? Sì, li hai, o almeno ti lasci condizionare da quelli degli altri. Il liceo è più gratificante delle professionali, il classico è “più più” dell’artistico, lettere non serve a niente perché non si trova lavoro, legge l’ha fatta pure il nonno, e il nonno di tuo nonno, ed entrambi si rivolterebbero nella tomba se la tradizione di famiglia non venisse rispettata, “e poi potresti lavorare nello studio con papà”. E se volesse rompere la tradizione e imboccare una nuova strada?
- È stato rimandato, o bocciato? Non dico di fare una festa di paese per celebrare l’evento con tanto di fanfara e ballerine di samba, ma non mettere neppure in scena la Medea di Euripide. Quanti anni ha il ragazzo? 15, 16? Ha la vita davanti e un anno non conta assolutamente nulla. E poi ricordati di Bill Gates, che fu cacciato da Harvard per scarso rendimento, e di Rita Levi Montalcini, che vantava pagelle da somaro nelle materie scientifiche, o di Veronesi, bocciato ben due volte, come Wistonn Churchill. E questi sono solo i più noti.
- Ha deciso di smettere? Ok, non fa piacere, lo ammetto. Già te lo vedevi in toga purpurea, principe fra i principi del foro, piuttosto che affermato architetto a progettare nuvole sorseggiando un caffè. Cerca di capire cosa non ha funzionato. Parlane, senza fare drammoni o consulti di famiglia che odorano di Santa Inquisizione; se è una crisi momentanea non aggiungere crisi a crisi ma cerca di rimettere assieme i pezzi con abilità (posso aiutarti efficacemente in questo), e tornerà sui suoi passi. Valuta anche l’eventualità che abbia ragione. Magari non c’è tagliato per un percorso accademico e preferisce concretizzare la sua vita sin da subito. Aiutalo, appoggialo, non seppellire i suoi sogni sotto montagne di sterili “se” e “ma”, e ricorda che pure in questo caso posso appoggiarti .
- Se ne pentirà! “Ma mio figlio è nato per fare l’avvocato, solo che ancora non se ne rende conto”, tieni presente che l’unica arma che possiede, alla sua età, è la ripicca; più lo assilli più se ne servirà, e la ripicca si trasformerà in trionfo, o in tonfo, tanto per servirci dell’assonanza dei termini. Può essere che tu ci azzecchi, ma dimmi, di pentimenti non ne hai proprio nessuno? Ognuno su questa terra ha diritto a gestirsi la sua fettina di pentimento e tuo figlio non fa eccezione. Il rischio, e l’errore, è che a pentirti debba essere tu se lo vedrai insoddisfatto, o infelice.
Quindi, riassumendo:
NO: genitore manager o ‘mister’ o ‘madre della miss’, inquisitore, giudice, chiuso, ossessivo;
SÌ: attento, interessato, propositivo, solido.
Solo sapendo gestire il tuo ruolo potrai, e potremo, se avrai bisogno della mia guida, essere di reale aiuto al tuo ragazzo e superare insieme le difficoltà. Se sarai attento saprai cogliere anche gli indizi di quello che può essere un problema ben più grave, che ora non ho affrontato ma che prego tutti voi lettori di dirmi se vi interessa affrontarlo: è un problema in crescita costante e per molti versi estraneo alla nostra generazione, il cyberbullismo. Intanto vi invito a leggere questo rapporto della Dott.ssa Maura Manca dell’Osservatorio Adolescenza, “Adolescenti dis-connessi” . Sono dati impressionanti e possono essere un buon inizio per cercare insieme una soluzione.
Per il momento
Buon vento … e ricordate che sono attivo anche le consulenze on line su Skype
Letture consigliate:
Nardone, G.
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