Proviamo dunque a dare ciascuno la nostra definizione di “vita”, come se si trattasse di una sorta di gioco a chi la spara più coatta, come si dice qui a Monterotondo, e se poi avete voglia di postarla nei commenti, o di mandarmela in privato, sarebbe una buona occasione di confronto e conoscenza reciproca.
Ottima soprattutto per capire noi stessi. Mal che vada possiamo aprire una pagina di aforismari nuovi di zecca.
Rispondi di getto però!
La vita è …:
Un’alba che evolve in tramonto, o piuttosto un tramonto che attende l’alba.
Una tela da dipingere. Saper gestire e miscelare i colori per creare atmosfere magiche non è da tutti; è un’arte. Resta anche da chiedersi quale sia la tua tecnica favorita: l’acquerello, con la sua leggerezza evanescente e discreta, oppure l’olio, carico ma morbido, o ancora l’acrilico, versatile, d’impatto, forte? O magari preferisci scarabocchiarci con i pastelli a occhi chiusi, in un gioco che riconduce all’infanzia?
Un menù magari … raffinato, turistico, di gourmet, da trattoria. Lampade di design o luce di candela? Tovaglia ricamata o tovaglietta di carta usa e getta? Quanti surgelati ci sono? Li segnali oppure cerchi di prendere per i fondelli facendoli passare per freschi?
Una promessa, un inganno, un’avventura, una fregatura …
La vita “è uno specchio”, diceva Jim Morrison: “ti sorride se la guardi sorridendo”.
La vita è la definizione stessa che ti viene in quel preciso attimo in cui la elabori, più o meno fantasiosa ma comunque figlia dell’esperienza, del contesto, delle sensazioni. Alla domanda “cos’è la vita?” conseguono infinite risposte, una al giorno, … ma che dico una al giorno! molte di più … una all’ora, una all’attimo.
A meno che si abbiano velleità filosofiche – o mistiche -, è quasi impossibile dare una definizione oggettiva, che esca dalla sfera personale. Se stiamo vivendo una situazione di merda, difficilmente affermeremo che “la vita è bella”, e quasi sicuramente risponderemo che “la vita è una merda”. Analogamente, se godiamo di un periodo particolarmente roseo, in amore, nel lavoro, economicamente e a livello di soddisfazione personale, sbandiereremo comunque che la vita è una gran figata, alla facciazza di chi con la vita ha intrapreso una lotta a son di cazzotti e schiaffoni.
Quindi? Hai elaborato la tua metafora sulla vita?
È una scoperta nell’infanzia, una promessa in giovane età, una sfida quando gli anni avanzano.
Spesso, molto spesso, è una fatica. Una gran fatica!
Proviamo ora a liberarci per un attimo del contesto specifico, personale e intimo, e facciamo un tuffo nel magico mondo delle più gettonate metafore.
Proprio ieri ho rivisto Il Postino, splendida interpretazione prima di morire di Troisi: “il mondo intero con il mare, il cielo, con la pioggia, le nuvole ecc… il mondo intero è la metafora di qualcosa?”. Beh, non lo so se lo è, ma certamente è un gran e piacevole bell’aiuto.
Ci sono un paio di definizioni che ricorrono con una certa frequenza.
- Una scala. Anzi, al plurale: la vita è un insieme di scale. Un condominio insomma, a parecchi piani più l’attico mozzafiato in cima e la cantina degli orrori in fondo. Ci hanno fatto pure un proverbio: “la vita è fatta a scale …” Banale? No, per niente, anzi, molto veritiero. Il problema è che stentiamo a capirne il doppio verso di marcia. Mi spiego. La metafora delle scale è spesso intimamente associata al raffronto con l’altro e messa in relazione a una opposta sorte. “… c’è chi scende e c’è chi sale”; suona vagamente di vendetta, offrendo la facile lettura di un “adesso sei tu quello che sale, ma alla prossima sarò io, e ti guarderò scendere ridendomela!”. Ci sta … in fondo è una rielaborazione in chiave architettonica alla Escher dell’esotico: “siediti sulla riva del fiume e aspetta. Prima o poi vedrai scorrere il cadavere del tuo nemico”. Non è però la giusta chiave di lettura; comunque non la sola, sicuramente la più riduttiva e la meno utile.
Quando dunque metaforizzi la vita come una scala in discesa, ricordati che:
– primo, bada a dove metti i piedi tuoi senza soffermarti troppo sugli altrui percorsi. Insomma, fatti i cavoli tuoi e concentrati. Altrimenti rischi di cadere e sbattere il muso. Ben che vada, romperti il femore.
– secondo, non viaggi su rotaie! Ti puoi girare. Oh, si che puoi!
Metti un piede avanti all’altro mentre intanto la luce si rarefà, mentre gli occhi fanno sempre più fatica a intravedere il gradino, mentre nel buio tasti con il piede, sempre più insicuro, sempre più sfiduciato, mentre ti fai da parte per lasciare spazio ad altri che risalgono accennandoti un sorriso per infonderti fiducia, oppure mostrandoti il medio. E intanto continui ascendere … scendere … scendere … E FERMATI, accidenti!
Fermati e girati. Si girano le navi (persino il Titanic ce l’avrebbe fatta se solo avesse virato pochi attimi prima), si girano gli aerei, si gira un cingolato, persino i treni pur non girandosi invertono il senso di marcia … che problemi hai tu per non farlo? Girati per la miseria, prendi fiato, guarda in alto e risali! È più dura, lo so, e più è stata lunga la discesa più ti taglierà le gambe e il fiato la
risalita. Ricordati allora che puoi benissimo prendertela comoda, fermarti per riprendere fiato. Per brutta che sia, a un certo punto la luce comincerà a filtrare, l’aria sarà più ossigenata, e da quel momento anche il male ai polpacci scomparirà, e gli ultimi gradini sembreranno meno faticosi.
E se proprio non ce la fai? Se a una certa ti siedi su di un gradino e decidi di non muoverti più di lì? Beh, è possibile che la soluzione sia più semplice di quanto pensi. Magari c’è un ascensore (un po’ come in metro, hai presente? Si fatica un po’ a trovarlo ma da qualche parte c’è. Resta solo da sperare che funzioni). Magari puoi chiedere una mano a qualcuno che incroci su quell’accidenti di scale, qualcuno che già sale ed è disposto a condividere questa gioia, oppure qualcuno che becchi in discesa. Ecco, fermalo, e provate a risalire insieme. In due è più facile.
E se non passa nessuno, è possibile che qualcuno scenda appositamente per te, per tirarti fuori, per offrirti una mano e un appoggio per risalire, per farti sorridere guardando arrivare la luce.
Colta la metafora? Sono sicuro di sì, ma per metterlo in nero su bianco: mano tesa = psicoterapia
Le scale della vita fra l’altro si risalgono pure on line, pensa! Senza neppure fare la fatica di alzare il sedere dal buio del proprio divano/cantina.
Allora, cosa ne dite della metafora delle scale?
Ce n’è un’altra della quale mi piacerebbe discutere con voi, ma vedo che ho già superato i limiti dell’umana sopportazione alla lettura sul web. Per cui chiudo con una spolverata di suspance, attendendovi alla prossima per definire la vita come …
Buon vento
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Sedura Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online