5000 anni per una bottiglia di plastica, 1000 per una di vetro e 50 per una lattina; 10 per un mozzicone di sigaretta, 5 per una gomma da masticare, 50 per una vaschetta di polistirolo e 3 mesi per un banalissimo fazzolettino di carta.
… un momento di riflessione e presa di coscienza prima di andare avanti è d’obbligo.
Quanti anni per i rancori? Per i rimpianti? Per i ricordi?
Per gli amori?
Quali sono i tempi di smaltimento, quali le possibilità di riciclo? Fino a che punto il cumulo di sensazioni, sentimenti, eventi, inquina e avvelena quel microcosmo che è il nostro io, il nostro ego-sistema?
Ego-logia: con il trattino fra ego e logia, da non confondersi con “egologia” tutto attaccato, ovvero, come da dizionario: individualismo competitivo, mirato alla realizzazione del proprio vantaggio a scapito dell’altrui disponibilità. Il ritratto dello stronzo, insomma!
L’Ego-logia invece, quella che ho in mente io, potrebbe essere un nuovo orizzonte della psicologia, una nuova prospettiva, quale ad esempio una vita all’insegna della ego-sostenibilità; magari un qualche politico particolarmente avanti potrebbe pensare a proporre un ego-bonus per agevolare il rinnovamento interiore.
Una psicologia ego-logica che s’ispira al benessere futuro attraverso una corretta gestione del presente, soprattutto se col passato abbiamo combinato un po’ di casino.
Ok, ho giocato con le parole, ma alla base del gioco c’è una grande verità: dobbiamo avere massima cura di noi stessi ed è oggi il momento di porre le basi di domani. È giusto prendere coscienza degli errori passati, anche perché non sarà ignorandoli che cesseranno le conseguenze. Inutile e fallimentare è piangersi addosso, oppure perseverare per una sorta di abitudine a fare e farci danni.
Attraverso l’uso, l’abuso, e talvolta il cattivo uso della nostra sfera emotiva, abbiamo creato un buco in quella sostanza vitale che è la nostra mente non molto difforme da quello che abbiamo causato nell’ozono, e cumuli su cumuli di scorie, alcune delle quali tossiche.
Non sto dicendo che sei una discarica, sia chiaro. Magari piuttosto un … ego-centro!
Se dunque solleviamo il telo nero su quel marasma informe, cosa troviamo?
Allora muniamoci di mascherina e guanti (tanto già ne abbiamo una bella scorta), e cominciamo a scavare.
Rancori: il sacco dell’umido del nostro pensiero. Tutta roba non recuperabile, sgradevole … puzzolente. Materiale di scarto grattato via da rapporti, amicizie, conoscenze: invidie, gelosie, torti subiti, o immaginati, ingigantiti. Nessuno di noi, sano di mente, girerebbe con il sacco della spazzatura appresso, come se fosse una borsa, uno zaino o un oggetto d’affezione. Perché allora non riusciamo a separarci dai rancori, la cui etimologia non a caso è “essere rancido, andato a male”? Alcuni di essi sono addirittura estremamente nocivi, tossici: veleni, in grado di intaccare falde e raccolti, ma pure la mente.
Rimorsi: buone le possibilità di riciclo, purché ovviamente raccolti e smaltiti in modo corretto. Nel rimorso c’è sempre una presa di coscienza, un’ammissione. Tutti ne abbiamo. È normale. Chi non avrebbe voluto dire un “ti voglio bene” in più; chi non ha mai ferito deliberatamente, magari per un accesso improvviso di rabbia, o per vendetta? Sotto sotto quindi in un rimorso c’è del materiale buono, recuperabile, che può essere acceso a nuova vita: c’è sensibilità, c’è maturità, riflessione, c’è amore. L’importante è differenziarlo da quei rifiuti che lo incrostano e rischiano di corroderlo.
Rimpianti: via! Non servono a niente. Nell’indifferenziato, non recuperabile. Magari hanno un aspetto che non desta troppo sospetto, ma lasciati lì, nelle stanze della mente, finiscono per fare disordine e pure cattivo odore.
Razionalità: cosa c’entra? Non ve lo aspettavate vero? Beh, è ovvio che di per sé non costituisce rifiuto, però alla lunga fa l’effetto della plastica, tende a soffocare. E allora è bene smaltirne un po’, liberarcene per dare respiro ai sogni.
Egoismi: ne abbiamo tutti in quantitativi enormi. Gli egoismi assomigliano ai fazzolettini di carta. Ne abusiamo con leggerezza, senza la chiara coscienza delle conseguenze e senza neppure accorgerci di sfilarne uno dietro l’altro, spesso solo per strofinarci il naso. Avete presente un bel sentiero di montagna, o la radura di una pineta sul mare? Gettati lì, a caso, per pigrizia e abitudine, a deturpare il miracolo della bellezza e a lasciarvi la loro traccia per lungo tempo. Usiamone meno, con più coscienza, e poi gettiamoli correttamente nel contenitore della carta.
Ricordi: no, quelli non vanno buttati. Mai! Però devono essere ripuliti e tenuti bene per non rischiare che assumano da soli l’effetto discarica. In un ricordo c’è vita, c’è energia, c’è benzina. Tuttavia è proprio lì che vanno ad accumularsi quelle sostanze tossiche che nel nostro ego-centro abbiamo stoccato fra i rifiuti tossici e pericolosi, i rancori, spesso nascondendosi fra rimpianti e rimorsi. Facciamo dunque in modo che il ricordo sia bello, pulito e privo di polvere, sempre a colori vivi come un affresco restaurato. E facciamo in modo che non assomiglino a quello che non sono, mimetizzandoli sotto a un ingannevole velo di idealismo in po’ stantio.
Fallimenti: sono un po’ come i cotton fioc; fanno il loro sporco lavoro (sporco proprio!) dopodiché diventano schifosi e vanno buttati senza neppure soffermarci troppo a guardarli. In grossi quantitativi sono fortemente inquinanti, per cui cerchiamo di non farli diventare un’abitudine. I fallimenti spesso sono evitabili, a fronte di un buon lavoro su se stessi, sull’autostima, sulle proprie potenzialità e oggettive prospettive.
Sogni: pure quelli finiscono fra i rifiuti del nostro ego, e siccome non esiste alcun cassonetto preposto a raccoglierli, li abbandoniamo a terra, accanto, come si fa con i vecchi mobili e gli elettrodomestici rotti, nell’attesa che qualcuno li porti via, anzi, nella speranza che qualcuno li recuperi, li aggiusti e li riusi. Perché è sempre un grande dolore gettare via i sogni. Forse sarebbe meglio riuscire a trovare un po’ di spazio dove riporli e conservarli, magari con una buona dose di naftalina per non farli divorare dai tarli. Non si può mai sapere … e comunque sono sempre molto belli da andare a rivedere.
Amori: quelli finiti e consumati, ovviamente. Spesso li conserviamo come vecchi vestiti fuori moda, oppure che non ci stanno più. Quelli dell’adolescenza, di quando la pancia era piatta e la mostravamo convinti che fosse tartaruga, o dei tempi della spensieratezza, odoranti di feste, sesso, gioventù e di una certa leggerezza anche della sfera affettiva. Altri invece sono ancora attuali tutto sommato, ma semplicemente non ci piacciono più, oppure capita che siamo noi a non piacere più a loro, e lo dimostrano cadendoci addosso come sacchi di juta per le patate. Va bene tenerli, tutti. Ogni amore è stato e resta parte di noi, anche molto bella e piacevole da rivedere. Vanno invece eliminati quando dolorosi, sporchi di lacrime e offese, lacerati dalla violenza di un rapporto che ha lasciato feriti il nostro corpo, la mente o entrambi.
Insomma, il nostro ego, la nostra mente, sono un vero e proprio mondo che non cessiamo di sfruttare e abusare, proprio così come abbiamo fatto con le risorse del nostro pianeta.
Dobbiamo imparare ad averne rispetto e a tutelarlo, perché è solo attraverso la sua salute che otterremo il benessere psico-fisico.
E se allora provassimo a vedere la psicoterapia come una sorta di spazzino di scorie? Vorrà dire che in quest’ottica io sarò un operatore ego-logico!
Vi aspetto, a Monterotondo, oppure in rete per una chiacchierata senza neppure dover alzare il sedere dal divano di casa, per scelta personale ma anche per impossibilità di fare diversamente in questi tempi in cui tutto ci manca tranne il tempo per la riflessione.
Buon vento
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e ONLINE