Ammettiamolo, abbiamo una sorta di sudditanza psicologica verso tutto ciò che appartiene al passato.
Ma quanto ce piace a noi il vecchio, eh?
Il comò della nonna, che apri un cassetto e ti viene il dubbio che nonna ci coltivasse i funghi;
il libro ingiallito, che lo tocchi e te ne resta un pezzo in mano, quasi fosse un ricordo che si sbriciola;
la foto! Sbiadita, rigata, con i contorni ondulati, la cornicetta, rigorosamente monocromatica, grigiastra o seppia.
No ma dico, li avete frequentati nell’ultimo periodo i social?
“Sanremo! che canzoni quelle di un tempo! Mica come quelle di oggi”;
L’ARIA! Che aria quella di una volta!
I GIOCHI? Uuuuuu, non parliamo dei giochi! Ma che ne sanno i giovani di oggi, sempre col cellulare in mano!
La frutta, i pomodori, i capperi, il parrucchiere, le asole dei cappotti, il dentifricio. LE FRAGOLE! Ma quanto erano dolci le fragole!
LA SCUOLA! Ma anche le scarpe, gli ombrelli, la merendina confezionata, I FILM!
LA MODA! Ma come si conciano i ragazzi di oggi?
E poi, IL DEGRADO! Una volta? Una volta si viveva sicuri. Mica c’erano tutte ste brutte cose! Macché!
Insomma, una merda. Il presente è inesorabilmente vissuto come una montagna di merda, almeno a giudicare dai giudizi dispensati a mani aperte su social e canali d’informazione.
I VA-LO-RI! Ecco, i valori! “I valori non esistono più!”. E vai giù di like e faccine tristi.
Si chiama “pensiero controfattuale” ed è un tarlo che ci trasciniamo dietro da sempre, senza riuscire a venirne a capo.
Visto che gran bel parolone quello che vi tira fuori oggi il vostro psicologo di fiducia!
Controfattuale; già bisogna restare belli concentrati per non storpiarlo.
In realtà è così semplice: controfattuale, ovvero “contrario ai fatti”, alla realtà, contraffatto. Un po’ come la borsetta Louis Vuitton da dieci euro. Falsa come Giuda ma che te frega; basta convincersi che ne vale duemila e va bene così. Insomma un vero e proprio inganno. Una bufala, una fake, per dirla con un termine un po’ più social.
Ci stiamo prendendo per il culo da soli? Sì, e pare pure che ci piaccia.
La contraffazione del pensiero assume diverse sfaccettature, quale ad esempio il rimpianto per un qualche cosa che non abbiamo fatto e che, rielaborato nell’immaginario, assume l’ingannevole aura di una soluzione persa (“se avessi cambiato lavoro oggi sarei felice”, “se avessi detto di sì ora sarei sposata”).
Funziona anche come viatico, pomata virtuale per lenire le ferite. Succede ad esempio quando finisce una relazione: nel gioco delle parti filtri e separi il buono e il cattivo. Il buono finisce tutto a te, il cattivo all’altro, e la materializzazione di un ipotetico scampato pericolo ti fa sentire meglio.
E con il passato? Come si rapporta con il passato?
Il punto di partenza è sempre la nostra memoria selettiva: facciamo una cernita accurata del bagaglio di esperienze, realmente vissute in prima persona o sentite: via tutta la roba brutta, spazzata sotto al tappeto, restano solo il bello e il buono.
Bello! Bello In realtà è parola grossa perché fra le poche cose realmente belle resta parecchio ciarpame, che ricopriamo di vernice lucida, finto oro. Patacche, insomma.
Se avessimo l’obiettività di scavare a fondo in quel passato, di alzare i tappeti, vedremmo che c’è ben poco da mitizzare.
Lasciamo stare i capperi e la frutta, i cui gusti sono pesantemente condizionati da quello che coinvolge il ricordo, l’infanzia, l’ambiente e tutti gli altri fattori contingenti; rassegnamoci alla non paragonabile dolcezza delle fragole o alle dimensioni delle merendine confezionate. Ci sta.
Sul degrado e i valori però, qualcosa da rivedere, in tutta onestà ci sarebbe.
Quando ci lasciamo andare al classico “quanto si stava bene!” giriamo una specie di film nuovo, i cui volti, luoghi e fatti sono sì quelli di un trascorso vissuto o sentito dire, ma le modalità di svolgimento le coreografiamo noi, secondo una sceneggiatura che diventa patrimonio universalmente condiviso. E così nasce la mitizzazione..
Togliamo allora il velo a questo mitico passato, intriso di valori e perfezione!
Uno dei baluardi è la maleducazione dei nostri tempi rispetto a quando si chiedeva “permesso”, “scusa”, “per favore”, e in famiglia regnava il rispetto. Oggi non è più così consueto. Ammesso che sia vero, e non lo è, cosa c’era dietro tanta educazione familiare? Spesso repressione, rigidezza, proibizioni, autoritarismo. Donne e bambini i principali capri espiatori. È così da sempre, lo avevate dimenticato?
Le donne, visto che siamo in prossimità della festa dell’8 marzo, non avevano voce in capitolo, praticamente su nulla che uscisse dal raggio di pochi metri dalla cucina.
Pensate che il “delitto d’onore” venne abolito solo nel 1981.
Nella prima metà del secolo scorso, quella celebrata in Happy Days per rendere l’idea, se una donna era considerata “depressa” o non stava “prendendosi cura di suo marito” anche in Italia era legale che fosse mandata in un reparto psichiatrico a curarsi. Assai gettonato era il “trattamento sorridente”; consisteva nel costringerla a indossare una specie di bavaglio con disegnata una bocca sorridente e farla specchiare a lungo. Secondo gli esperti, vedendosi sorridere essa avrebbe avuto una sorta di condizionamento psicologico, fino a farla diventare una pratica naturale. Moglie sorridente, famigliola felice!
La scuola. Per dirla tutta, a scuola sono esistite fino al 1977 le “classi differenziali”; una sorta di ghetti dove venivano scaraventati i ragazzi con qualche problema, fisico o di sviluppo, ma persino sociale. Erano la naturale collocazione persino dei mancini, di coloro che vivevano condizioni di disagio sociale ed economico, dei dislessici, di quelli colpiti da leggerissimo autismo.
In quei bellissimi tempi passati la persona con disabilità non solo riceveva pochissima tutela burocratica, ma era oggetto di forte discriminazione, spesso addirittura nascosto dalla stessa famiglia, certamente per tutelarne la sensibilità ma anche per un’inconsapevole senso di vergogna; gli ospedali psichiatrici ne erano pieni, e sulla disumanità che al loro interno regnava esistono inchieste che ancora oggi non hanno visto la fine.
Non di rado si viveva con la suocera! E qui sono sicuro che cominciate a vacillare e strabuzzare gli occhi. “No, con la suocera no!”.
E invece sì. Era la condizione normale nelle famiglie patriarcali, dove la moglie faceva ingresso nella casa natale del marito diventandone parte, e l’accudire gli anziani più che a un autentico affetto e dovere morale rispondeva alle esigenze di assolvere a una sorta di contratto.
Rara era la sensibilità per gli animali, o comunque neppure lontanamente paragonabile a quella odierna, che li vede essere giustamente membri effettivi della famiglia.
Le condizioni dei lavoratori erano estremamente più gravose che nel presente: orari, salari, condizioni igieniche; la tutela dei diritti delle lavoratrici era poi quasi fantascienza..
La sicurezza. Altro punto cardine. Se vi capita di dare un’occhiata ai dati storici sulla criminalità locale vedrete cose da far accapponare la pelle. Del resto i canali d’informazione erano assai più limitati di oggi, e anche molto condizionati, per cui non c’è da stupirsi se molto marcio gravitava nel “non conosciuto”. Molta criminalità, poca informazione.
Devo continuare?
La psicologia. Andare dallo psicologo era “roba da matti”, da occultare con attenzione; equivaleva a una denuncia di palese squilibrio, così il più delle volte si rinunciava.
Il risultato? In un mondo in cui l’educazione era spesso imposta da regole rigide, e quindi solo apparente, prosperavano depressione, ansia, fobie, manie e grave perdita di autostima e stimoli a crescere.
Si andava a messa la domenica, si giocava in piazza, si chiedeva permesso, le fragole erano più dolci, i capperi più gustosi e le merendine più grandi ma ciò non significa che quel mondo fosse migliore dell’attuale.
Ancora non siete convinti, lo sento, e state mormorando “sì, però …”. Ecco allora quello che taglia la testa al toro: non c’erano i cellulari, e neppure internet!
Bella scoperta! Lo sappiamo tutti. Vero, ma come accade per tutto quello che è ormai acquisito, lo snobbiamo.
Talvolta lo useremo pure male e in modo eccessivo, chi lo nega. Fatto è che oggi, per la prima volta da sempre, abbiamo una finestra senza sbarre aperta sul mondo, sull’universo.
WWW, World Wide Web “ragnatela estesa in tutto il mondo”. Per chi è ampiamente adulto la trama appare ancora un po’ oscura e spesso la si teme ma per i nostri ragazzi è la normalità, come un prato, l’aria, le caramelle della nonna.
Il mondo è in costante miglioramento, malgrado le creste colorate, i piercing o un tatuaggio sulla faccia, che ti fanno storcere il naso ma che se avessi vent’anni forse ti faresti pure tu.
I nostri ragazzi ci danno parecchi punti su molto, ambiente, etica, rottura dei pregiudizi. Valori, senza giacca e cravatta ma autentici e preziosi valori, un tempo quasi sconosciuti, e questo anche grazie a meccanismi che non ci appaiono ancora ben chiari o che guardiamo con sospetto.
Niente? Continui a dubitare della bellezza del presente?
Allora beccati questo: non avresti avuto la possibilità di leggere i bellissimi articoli di Federico Piccirilli, psicologo e psicoterapeuta sommamente simpatico, moderno, divertente, assolutamente strafigo e parecchio bravo, e neppure di intervenire direttamente sul suo blog per dire liberamente la tua.
E scusate se è poco!
Buon vento, alla prossima.
https://www.facebook.com/dotto.federicopiccirilli/videos/229133644686924/
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo, Fonte Nuova e Online