Un guizzo di addominali che spacca e fai il botto di like!
La perfezione di un corpo scolpito a suon di esercizi, dieta e sapienti dosaggi di chiaroscuri in uno scatto in bianco e nero, al tot% vero e al tot% farlocco: vigore, forza, massa, esercizio, dieta, … dieta, esercizio, massa, forza, vigore … OSSESSIONE.
È in crescita esponenziale, anche in ragione della sempre maggior dipendenza psicologica nei confronti dell’importanza che attribuiamo alla popolarità Social; è status symbol a tutti gli effetti e colpisce prevalentemente la popolazione di sesso maschile, con però una percentuale non trascurabile e destinata a crescere fra le donne, in una fascia di età giovanile, fra i 24 e i 34 anni, pur dilatandosi fino all’adolescenza e anche oltre i cinquanta.
È la vigoressia, negli ultimi tempi balzata all’attenzione non tanto per i problemi di salute mentale e fisica che comporta, quanto piuttosto per alcuni gravi episodi di cronaca nera nei quale sembra aver giocato un qualche ruolo, seppur marginale o indiretto.
Vigoressia, dall’immancabile lingua dei nostri avi: “vigor”, ovvero vigore, forza e “orex”, appetito, per cui “appetito, fame di vigore, di forza”.
Forza, vigore?
Siamo sicuri? No, non è così. La forza, il vigore in realtà non hanno molto a che spartire con la vigoressia; è più una questione di pura apparenza, di estetica, legata all’idea, all’impressione esteriormente restituita di una forza che può nella realtà anche non sussistere.
C’è un bellissimo frammento, rivoluzionario per l’epoca e per il luogo, del poeta greco Archiloco che mette a nudo la disparità fra apparenza e reale e la non scontata coincidenza dell’immagine con l’aspettativa:
“Non voglio un generale statuario, a gambe larghe, tutto fiero dei suoi ricci, depilato a forza di rasoi.
Lo preferisco piccoletto, con le gambe storte, ma saldo, coraggioso, tutto cuore.“
Immaginate i suoi concittadini dell’epoca, abituati a coniugare l’idea di eroe e divinità con il mito di Achille e di Adone.
La vigoressia, detta per l’appunto anche Complesso di Adone, non si traduce nel proposito di acquisire forza, vigore fisico, bensì massa muscolare che si traduce in estetica.
Monocipiti, bicipiti, tricipiti e pure quadricipiti, da monocaudati a pluricaudati, trapezi e dorsali, pettorali e addominali, flessori, estensori, pronatori, adduttori e abduttori e qui mi fermo, coscia, interno coscia e sovracoscia, polpaccio, scheletrici e pellicciai (quelli che, essendo attaccati alla pelle, la fanno muovere), lunghi, larghi, brevi, tipo Il Lungo, il Corto e il Pacioccone, e pure anulari (attorno agli orifizi. Pure quelli sono muscoli, che ti credevi! E servono. Eccome servono!), e poi ancora…
… roba che pure il David di Michelangelo dovrebbe andare a nascondersi dalla vergogna.
Guerra dichiarata al carboidrato, demonizzazione degli zuccheri, messa alla gogna della maniglia dell’amore, processo per direttissima al rotolino, altari eretti a sua divinità la Proteina, strage di peli superflui, oli, unguenti e massaggi come se piovesse, esorcismi contro il flaccidume dell’interno coscia, rogo per il gluteo piatto, veglie di preghiera per scongiurare gli effetti dell’età e della gravità.
Poi – visto che per il lockdown le palestre sono chiuse – ci si attrezza a casa con gli attrezzi, che è pure un bel gioco di parole: tappeti, tappetini e tapis roulant, sbarre, aste e corde per trazione attaccate un po’ dove capita, fasce vibranti, massaggianti, depilanti, esfolianti, e ancora maniglie, maniglioni, pesi, bilancieri, sacchi da boxe appesi pure al cesso, barrette proteiche, energizzanti, beveroni e frullati, il tutto condito da musica a palla, quella giusta, che carica lo scatto e scarica l’adrenalina.
E non finisce qui, perché la mostra del risultato ricopre un ruolo fondamentale nell’abnegazione all’esercizio. Quindi fotocamere anteriori, posteriori, laterali, con il grandangolo, luci, giochi d’ombra, scatti, selfie, per cogliere ogni tendine e muscoletto guizzante e spararlo in rete come un’arma segreta di successo.
… giorno dopo giorno, al crescere del muscolo cresce l’ossessione, diventa dipendenza. È un attimo; ogni pensiero, ogni progetto, si trasfigurano in sua funzione. Addio a goliardia godereccia in cui è previsto un qualche piacere della gola, addio a ogni possibile strappo, addio a ogni attimo sottratto allo scopo.
- Una birretta da me?
- Ehm … sì, viene voglia, ma meglio no, ché gonfia.
- … una pizzetta, semplice semplice, col pomodoro e il basilico?
- Per carità, che’ scherzi?
- maritozzo? …
- Ma che sei scemo?
- … boh, … allora niente. Però ‘na passeggiatina fuori porta, con autocerticazione, ovviamente?
- … lascia sta’. Non te la prendere, ma devo allenarmi.
- Evvabhè … allora, che ti devo di’? Ti saluto e … (vaffanculo) stammi bene!
Addio agli amici, alla vita sociale, se non esclusivamente all’interno della cerchia che condivide la medesima passione.
La componente narcisistica è ovviamente assai presente in questo tipo di disturbo, così come l’insicurezza. Ma c’è un altro aspetto, più occulto, a cui mi piacerebbe fare cenno.
La vigoressia viene definita anche con un altro termine che a mio parere la delinea con maggior chiarezza, che arriva più dritto al punto focale: bigoressia. Originale esperimento semantico consistente nell’unire alla consueta desinenza latina (“orex”, che abbiamo visto significare “appetito, fame”), una parola anglofona di larghissimo uso, “big”, che quasi mi pare di farvi torto a tradurre.
Fame di grandezza, dunque?
No; “grandezza” è parola che raccoglie una gamma di significati non propriamente attinenti in quanto psicologicamente positivi. L’amore è grande, il mare, il cielo; grandi sono le azioni di coloro che definiamo eroi, grandi sono i propositi, gli obiettivi; grande è un artista, lo è la sua opera.
“Big” rende molto meglio il suo riflesso sulla mente tradotto in italiano come “grosso”. Quindi, bigoressia = “fame per il grosso”.
È ossessione antica quella per il “grosso”, primordiale, quasi cavernicola e decisamente ca@@uta. Sul “big” si riversa tutto l’immaginario ideologico della perfezione maschile: membro grosso, auto grossa, portafoglio grosso; ovviamente muscoli grossi. È il mondo su misura di Big Jim, che peraltro viaggia in parallelo a quello non certamente meno psicologicamente complesso di Barbie.
Tutto big, tutto con gli attributi; e big fa rima con virilità. Virilità, con potere.
Per riassumere dunque, in questa crescente ossessione per lo sviluppo muscolare entrano in gioco più fattori psicologici che attraversano tutto il complesso panorama della mente umana, dall’insicurezza al machismo, e che tendono a tradursi in problematiche anch’esse di ampio raggio, a partire da gravi ripercussioni sulla salute fisica a causa di uno squilibrio alimentare e di un sovraccarico d’esercizio.
Ho voluto trattare il tema un po’ a mio modo, a tratti ironico, perché come amo ripetere spesso, preferisco che questo spazio mantenga un’impronta discorsiva, più che strettamente professionale. È bene comunque avere ben presente che si tratta di un disturbo che è bene trattare con tempistiche strette.
Mi rivolgo quindi in particolare alle madri, ma anche alle fidanzate e alle mogli, che avvertono nel giovane uomo che hanno accanto un crescendo ossessivo per il suo corpo, un distacco dalla consuetudine, un eccesso nell’uso di prodotti ed esercizio.
A Monterotondo, oppure in rete attraverso la modalità on line, puoi parlarmene, esponendomi quello che sta succedendo. Scoprirai come, mediante la psicoterapia, puoi essere di aiuto concreto e addirittura avere un ruolo determinante nella guarigione di chi ti è caro.
Buon vento 😉
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online