Aspetta e spera

Quando abbiamo un’aspettativa concentriamo tutta la nostra energia su qualcosa che arriverà dall’esterno. La stessa etimologia del vocabolo “aspettativa” viene dal composto latino di due parole: “ex” (fuori) e “spectare” (guardare).

L’aspettativa è la proiezione di una speranza, che grava su di noi. 

 

Le stelle cadenti, le candeline dei compleanni, le fontane in cui si gettano le monetine… quante aspettative affidiamo a qualcosa che crediamo più grande delle nostre possibilità.

Dagli albori della sua storia l’uomo, osservando l’orizzonte, ha sempre pregato, con la paura e la speranza nel cuore, che ad ogni tramonto il sole sorgesse di nuovo, succede anche qui a Monterotondo. L’attesa del sole, che sorga ancora una volta,  è un’attesa discreta ed umile, ma al contempo fedele e fiduciosa. D’altronde l’uomo ha sempre pensato: “E’ una questione di probabilità: se per 5 miliardi di anni il sole è sorto ogni mattina, è altamente improbabile che domani non sorga…”.

Un ragionamento molto lineare, ma forse è proprio qui il problema.

Forse il sillogismo “dato A, dato B, ne consegue C” non è sempre così facilmente applicabile per ogni situazione.

In realtà, infatti, non abbiamo elementi per affermare che domani sorgerà nuovamente il sole, e il fatto che sia sorto in precedenza infinite volte, non ha evidentemente alcun significato predittivo, nemmeno in termini matematico-probabilistici.

D’altronde anche se di un dado conosci tutte e sei le facce, puoi formulare la probabilità ideale che se ne presenti una sulla base del rapporto fra l’evento considerato ed il numero di eventi possibili , ma, non conoscendo il numero di eventi possibili, è matematicamente impossibile formulare qualsiasi proposizione di probabilità predittiva.
Quindi con rammarico devo confutare il grande Gibran nella sua celebre citazione: “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora”.

Però d’altronde se le aspettative hanno guidato l’uomo ab origine, forse servono a qualcosa. In effetti è inevitabile formarsi delle aspettative riguardo qualcosa o qualcuno, è un processo automatico della mente. Le aspettative hanno un forte impatto su di noi, sia nel bene che nel male. Il celeberrimo Watzlawick diceva: “Una profezia che si autodetermina è una supposizione o predizione che, per la sola ragione di essere stata espressa, converte in realtà l’accadimento supposto, atteso o profetizzato, confermandone in tal modo la sua propria “esattezza””.

 

Vi starete sicuramente chiedendo (o almeno questa è la mia “aspettativa”): “Federico, ma queste aspettative sono positive o negative?”.

Le aspettative non sono giuste o sbagliate a priori, il loro valore si modifica in relazione a quanto ci impediscono di essere ciò che realmente vogliamo. Il vero problema con le aspettative sta nell’attesa che accada qualcosa senza avere buone ragioni perché ciò avvenga.

Sono diverse le aspettative quotidiane che tutti noi mettiamo in atto: “Sono una brava persona, la vita dovrebbe essere giusta con me”, “Sono sempre gentile e disponibile, quindi gli altri si comporteranno bene nei miei confronti”, “Ha quel carattere, ma io lo cambierò”.

Ciò che rende queste aspettative deludenti è il fatto che ci aspettiamo che la vita proceda secondo i nostri desideri, ma come direbbe la scrittrice Margaret Mitchell: “La vita non è obbligata a darci ciò che ci aspettiamo”.

Le aspettative non sono fatti, sono semplici probabilità, comprendere questa differenza, che non è semplicemente terminologica, ci permetterà di assumere la responsabilità della nostra vita.

Quindi se vuoi che accada qualcosa, devi assumere un atteggiamento proattivo e prendere le misure necessarie per realizzare quel desiderio, senza attendere che qualcosa piova dal cielo o si realizzi miracolosamente.
Non è un caso che nella terapia breve centrata sulla soluzione ogni volta che si parla di “miracle question” o “futuro desiderato” non si parla solo di speranze, sogni o desideri irrealizzabili, ma di vere e proprie azioni per realizzare obiettivi concreti. 

E’ bene cambiare le false aspettative con degli obiettivi: sono più compatti, occupano meno spazio e danno più certezze.

Buon vento 😉

Federico Piccirilli 

Psicologo, Psicoterapeuta 

Terapie Brevi 

Terapia a Seduta Singola 

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE