Sarà pure poco professionale, lo ammetto, però è limpidamente vero!
Non è che in nome della psicologia e dell’indagine approfondita del nostro io possiamo svincolare e sguinzagliare tutto! Insomma, la psicologia non è né un’amnistia né un condono. Gli stronzi esistono, e dobbiamo farcene una ragione. O meglio, gli stronzi esistono ma che li dobbiamo digerire a tutti i costi non l’ha ordinato il dottore, neppure lo psicologo, sia chiaro!
La scorsa settimana abbiamo parlato di emozioni, che con i sentimenti ci vanno a nozze, persino a “orgia” in taluni casi. Toccare, ascoltare, dire, assaggiare, guardare, tutti sinonimi di amare e anche di odiare. Insomma, emozioni = sentimenti, sentimenti = emozioni; possono essere positive, quali la passione, l’amicizia, la commozione, o estremamente negativi quali la rabbia sfrenata che sfocia in odio, ma sempre sono una sorta di travolgente terremoto per le nostra membra visibili e per quelle nascoste sotto a strati e strati delle più differenti personalità.
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior”, diceva Catullo: “Odio e amo. Ti chiedi come io riesca a farlo. Non lo so, ma sento che ci riesco, e ne soffro”.
Ecco in due versi il sunto di tutto il potere dei sentimenti.
C’è però anche lui, o lei fa lo stesso, il manichino dei grandi magazzini, lo stoccafisso, il paracarro in cemento armato; se ne sta immobile e impassibile a qualsiasi tempesta o intemperie dell’animo, reagendo a seconda delle circostanze con un sorrisetto a limone strizzato oppure con un’alzata di sopracciglio (uno solo, bada bene, due sarebbe uno sforzo emozionale eccessivo). Non si scompone o non vuole scomporsi?
Mah? Affar suo, dal momento che è stronzo!
Ma vediamo nel dettaglio di chi stiamo parlando.
Mancanza di empatia, anaffettività e atimia sono punti fermi per la tipologia in questione; su di esse s’innesta tutta una lunga serie di atteggiamenti complementari ma non scontati, quali l’arroganza, la superiorità, la sufficienza, fino alla violenza. Non è detto però; complementari ma non scontati appunto. Per essere uno stronzo che si rispetti basta anche essere totalmente indifferente agli stimoli affettivi.
Spesso appare come la creatura più innocua del mondo, quella incapace di compiere una qualsiasi minima forma di male. Ecco lo stronzo paraculo! Scusatemi, non voglio affatto apparire volgare e spero che comprendiate quanto l’efficacia delle parole influisca sulla loro esatta comprensione.
S’, è proprio così. L’anaffettivo, proprio in virtù della sua incapacità di provare emozioni, si pone anche come elemento di totale indifferenza su di esse: in una parola, non fa danno, semplicemente non fa assolutamente NULLA!
E qui nasce il vero problema: il NULLA è il problema.
Noi non siamo fatti per il nulla. Il nulla non compete alla sfera della realtà e tanto meno a quella dei sentimenti. Il nulla, in forma umana, si traduce in INDIFFERENZA, la più terribile delle parole.
L’indifferenza ha provocato, provoca e provocherà catastrofi infinitamente più grandi della cattiveria e della malvagità. Esse non potrebbero prolificare se non ci fosse l’indifferenza a fare da lubrificante.
INDIFFERENZA è la parola che Liliana Segre ha voluto scolpita a caratteri cubitali al binario 21 della stazione di Milano, quello da cui partivano i convogli di morte per Auschwitz, perché è l’indifferenza ad aver fatto quei milioni di morti, l’indifferenza di coloro che hanno spento ogni sentimento, ogni barlume di empatia e si sono voltati dall’altra parte permettendo che accadesse.
Vedete quanto terribile sia la mancanza di sentimenti?
L’anaffettivo poi si trincera dietro una serie di baluardi incrollabili, quali addirittura l’educazione! Già, da buon allievo di Monsignor della casa l’anaffettivo non s’intromette mai, non chiede, non bacia, non va in visita a chi è malato, per “paura di disturbare”! resta dentro il suo bozzolo dorato e asettico perché “non sono fatti suoi”, perché “non giudica”, perché “è equilibrato”.
È la suocera che non fa la suocera in modo da non risultare rompipalle, è il nonno che non s’intromette nell’educazione dei nipotini, è l’amante che non ferma quando l’altro non sa se andare o restare.
Tutte belle cose all’apparenza; doti, rarissime doti che destano addirittura invidia in chi invece è costretto a combattere quotidianamente con padri, madri, suoceri, amanti e figli invadenti e invasivi.
No, non intendo spingervi a diventare degli scassapalle seriali, semplicemente voglio farvi capire quanto importante sia mettere il cuore in tutto quello che si fa.
Non a caso le grandi aziende e il mondo della finanza in particolare tendono a porre ai più alti vertici decisionali persone chiaramente affette da anaffettività, freddi robot in giacca e cravatta con un pezzo di cemento armato al posto del cuore, in grado di reagire con un’indifferenza che raggela anche di fronte alla situazione più emotivamente coinvolgente.
È possibile che l’emotività non paghi, in termini di soldoni o di successo, ma è linfa per gli eroi di tutti i giorni, quelli come voi, come me, come noi, che affrontiamo affetti e rabbie quotidiane.
C’è una bellissima frase tratta da una poesia di Prevert, il poeta dell’amore per antonomasia; gira spesso postata su fb e credo che l’abbiate sicuramente già vista e apprezzata:
“Lascia entrare il cane coperto di fango; si può lavare il cane e si può lavare il fango. Ma coloro che non amano né il cane né il fango, no, costoro non si possono lavare”
È proprio così; il poeta continua definendo costoro ‘Quelli che dicono che amano i cani “a patto che”…’. Nessun “a patto che …” funziona in materia di amore.
E allora?
E allora se l’educazione porta all’indifferenza, siamo maleducati; se il cane sporca di fango il tappeto, armiamo di straccio e spazzola, laviamo il fango e baciamo il cane. Se abbiamo voglia di gridare a qualcuno che è uno stronzo, gridiamoglielo! Non so se contribuirà a rendere quella persona migliore ma certamente sarà per noi un momento di grande liberazione e spontaneità.
La psicologia non è una scusa per legittimare qualsiasi comportamento. Oggi mi andava così, di parlare fuori dei denti e l’ho fatto; la professionalità la dimostro con la pratica e voi ne siete testimoni, non con la parola.
Di fronte a uno stronzo anaffettivo chi deve essere tutelato siete voi, non lui.
Dimenticavo e forse è il caso di puntualizzare, che esistono anche forme di anaffettività ‘apparente’, ovvero forme di palese repressione dei sentimenti. Sono casi assai diversi da quello qui esposto e conseguenza di depressione o stati particolarmente critici. Nulla a che vedere con la sindrome dello stronzo!
Che fare allora se ti tocca in sorte uno stronzo, in famiglia, sul lavoro, semplicemente per caso?
Starsene alla larga! Non cercare di “curarlo” perché primo tu non sei Madre Teresa di Calcutta, secondo, non ha alcuna intenzione di essere curato in quanto è proprio fatto così, e in piena salute. Lo stronzo è una specie di Jessica Rabbit al contrario.
Lei dice “Non sono cattiva, è che mi disegnano così!”, lui invece potrebbe affermare “Non badare se mi disegnano innocuo, sono proprio stronzo e basta”.
Sconvolti per quanto ho scritto?
Non credo, anzi sono sicuro che apprezzerete la franchezza.
La psicologia e la psicoterapia sono per coloro che hanno un’anima, talvolta ferita, talvolta proprio malata, spesso solo bisognosa di una spalla su cui appoggiarsi. È impossibile invece appoggiare e tendere una mano al nulla!
Buon vento, a chi ama e anche a anche a chi odia. Calma piatta per chi non prova nulla.
Vi aspetto anche sulla mia pagina facebook https://www.facebook.com/dotto.federicopiccirilli/
Federico Piccirilli
Psicologo, Pscioterapeuta
Terapie Brevi e Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo, Fonte Nuova e Online