Miser Catulle, desinas ineptire, et quod vides perisse perditum ducas.
[Misero Catullo, smettila di illuderti, e ciò che capisci che è perso consideralo perso.]
È finita. Sulla bella storia d’amore fra Catullo e Lesbia è scorsa la parola “FINE”.
Solo poco prima il poeta scriveva:
O vita mia, mi prometti che questo amore
fra noi sarà perpetuo e felice.
Certamente il poveretto qualche dubbio lo aveva avuto:
Dei del cielo, fate voi che lei dica il vero,
che lo prometta sincera e dal cuore,
che si possa per tutta la vita
mantener questo patto inviolabile.
Dubbi che si facevano di giorno in giorno più pressanti:
Solo con te farei l’amore, dice la mia donna,
…
Lo dice, ma ciò che dice una donna all’amante impazzito
Tanto vale scriverlo nel vento e sull’acqua che scorre.
Ora che lei lo ha lasciato, deve avere la forza di continuare a vivere come prima.
Ci prova, ma la ferita brucia troppo:
Addio, fanciulla. Catullo è forte:
non verrà a cercarti, non ti pregherà, se tu non vuoi.
… e subentra la rabbia:
Ma tu, soffrirai.
Ah, infelice, che vita ti rimane?
Chi ti vorrà? A chi sembrerai bella?
Chi amerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, non cedere, resisti.
Cattivello il nostro Catullo!
L’odio cerca di prendere il posto dell’amore; cerca, ma non ci riesce appieno.
E allora il poeta concepisce le più belle e autentiche parole che si siano mai scritte sulla fine di un amore. Poche, semplici e schiaccianti, una straordinaria epigrafe sul meccanismo mentale e lo stato fisico di chi si trova a scrivere The End su di un amore che credeva eterno:
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
[Odio e amo. Forse ti chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne soffro.]
Intanto ringraziamo che all’epoca (siamo nel I a. C.) non fosse ancora nata la psicoterapia, perché probabilmente ci saremmo persi questi versi immortali.
Prova a immaginarti la scena.
Per il posto non ci sono problemi, il sig. Gaio Valerio Catullo abita e lavora a Roma, arriva in studio senza difficoltà, con un paio di millenni in più sul groppone e gli occhi cerchiati, si accomoda e comincia ad aprirsi:
“Dottore … il nostro era un amore bellissimo, tutti ci invidiavano, MI invidiavano. Vivevamo di baci – Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, deinde centum … – Scusi, forse non mi capisce, … ho ripetuto quello che ci dicevamo sempre – Dammi mille baci, poi cento, poi mille altri, poi cento …- Poi, … un giorno … le cose sono cambiate. Lesbia è cambiata. Sì, lo so quello che sta pensando, che in fondo potevo aspettarmelo dato che la signorina è piuttosto nota da secoli per la sua generosità nel campo … però, quello che mi tormenta è che continuo ad amarla malgrado l’odio che provo per lei, e questo mi sfianca. Mi aiuti, la prego”
Qualche seduta di psicoterapia breve e il nostro Catullo torna nuovo e felice come un fringuello a comporre Carmi, però ci siamo giocati l’ “odi et amo”!
Sarebbe forse questo uno dei pochi casi in cui la cura fa più danni che la malattia, danni di eterno valore artistico, e in più ti dirò che tutto sommato il poeta sulla buona strada c’era già da solo, e capirai il perché.
Visto che però tu non sei un poeta, o se lo sei non vivi certo nella Roma imperiale, credo che qualche consiglio su come metabolizzare, e superare, la fine di una storia d’amore, ti possa essere utile.
- Tempo. Innanzitutto ti sia ben chiaro che ci vuole tempo (molto meno di quello che credi). Non si cancella da un momento all’altro una storia tanto importante da lasciare il segno, o forse si?
- Pazienza. Strettamente legata al punto sopra.
- Dialogo. Con se stessi e con il mondo. Il chiudersi non fa che peggiorare le cose, ingigantire i fantasmi, accumulare pesi.
- Concretezza. Non creare miti, né negativi né positivi. Non cercare di dimenticare, non puoi farlo e riusciresti solo a mettere il coperchio su di un calderone che prima o poi scoppierebbe.
- No ai “se” e “ma”. “Se avessi fatto”, “se avessi detto”, “ma non l’ho fatto”, “ma non l’ho detto”. No! Non l’hai fatto, non l’hai detto. Punto. E nulla ti assicura che se l’avessi fatto e detto sarebbe cambiato qualcosa. Ricorda che puoi fare e dire qualsiasi cosa ma un “se” e un “ma” a stuzzicare i tuoi sensi di colpa li troverai sempre e comunque.
- Onoranze (funebri). Organizza un bel funerale in pompa magna alla tua ex-relazione, senza risparmiare, con tanto di banda musicale, se ti piace. È stato un grande amore, ora non c’è più, morto per malattia, o per incidente, o assassinato, o suicidato. Non importa. Una tomba bella profonda, un bel pianto, qualche piacevole ricordo e via, si torna a casa. La vita continua.
- Coraggio (e aglio). Il fantasma del defunto tornerà per qualche tempo a tirati i piedi di notte. Niente paura, esorcizzalo e prima o poi si stuferà e sparirà del tutto; gli zombie esistono solo nei film.
- Fiducia. Se ci sei passato una volta non vuole affatto dire che necessariamente ci ripasserai, e tieni presente che è un passo praticamente obbligato per quasi tutti. La fine di un amore è veramente assimilabile a un lutto, prima o poi tocca. Pazienza, vuol dire che quello eterno sarà il prossimo.
- Moderazione. Vacci piano, buttarti fra le braccia di nuove relazioni con leggerezza, solo per “dimenticare” non è una buona strategia; il rischio di delusioni è forte e necessariamente finiresti per ripiombare nel rimpianto della storia perduta. Moderazione anche per quanto riguarda la solitudine forzata; il rischio è esattamente il medesimo.
- Non ce la fai? La salma non ne vuole sapere di essere seppellita e si diverte a fare il fantasma? Fai come Catullo (ecco cosa intendevo quando ho detto che era sulla buona strada), esterna la tua rabbia, insultalo (il fantasma, non l’ex!), disprezzalo, fagli sapere che è lui che è andato a perderci fra voi due, dimostragli che sei tu il più forte.
- Hai bisogno di un aiuto. Guardati allo specchio e ditti onestamente: “è inutile, annaspo e non ce la faccio”. Non è segno di debolezza né motivo di vergogna. La fine di un amore (vero, bisogna sottolinearlo), è sempre e comunque un evento devastante, un lutto in piena regola; mina alla radice la nostra vita, ci svuota e ci abbatte. Non tutti sono in grado di reagire con le proprie sole forze e i fattori sono molteplici: non solo una particolare predisposizione alla depressione ma anche età, eventuali figli, difficoltà oggettive e pratiche nelle quali si piomba dall’oggi al domani. La psicoterapia è certamente il più valido degli aiuti.
- Dalla fine di una storia d’amore si esce, di questo devi essere sicuro. Bene, ovviamente spero che tu non ne abbia mai bisogno e voglio chiudere svelando una curiosità:hai mai notato che nei film più recenti, post era hollywoodiana per intenderci, è scomparsa la scritta “The End”? Ebbene, pare ciò sia stato frutto di una precisa scelta dei produttori di film d’amore (poi esteso a tutti i generi), a seguito della constatazione di un forte stato di angoscia che attanagliava lo spettatore, o meglio le spettatrici. Eliminandola hanno invece raggiunto l’obbiettivo di lasciare uno spiraglio aperto sulla porta del sogno. È in po’ come dire: non è finita, a voi la scelta di cosa succede dopo!
…Noi soffriamo per i sogni. Noi guariamo con i sogni.
(Gaston Bachelard)
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Buon vento!
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