Prendi un orologio ma non dirmi l’ora

Procurati un orologio. Di quelli col quadrante rotondo, le lancette e pure i numerini segnati, il più semplice possibile.

Non è necessario rispolverare il cuccù di zia; sicuramente già ce l’hai, in una vecchia sveglia, appeso in cucina. Non è neppure necessario che sia fisico. Va benissimo pure virtuale, attivandolo sullo smartwatch più tecnologico, sullo schermo del telefono o del pc.

Ora prendine uno digitale, di quelli con soli numeri. Anche questo lo abbiamo tutti a portata di mano.

Diciamo che può bastare, ma se hai l’animo un po’ vintage, è possibile che tu riesca addirittura a procurarti una via di mezzo fra queste due forme di misurazione del tempo, ovvero uno di quei vecchi marchingegni a scatto, ibridi fra lancetta e led.

 

Bene. Oggi non voglio insegnarvi nulla.

Anzi, mai è mia intenzione farlo. Questi miei articoli, lo avrete capito, non hanno un vero scopo informativo, tantomeno didattico. Sono piuttosto il libero sfogo di uno psicologo che ama il suo lavoro e che, attraversando alla mattina e alla sera lo spazio silenzioso che dalla sua casa lo porta sul luogo di lavoro, osservando albe e tramonti, riflette, scandaglia pure la sua di mente, si “autopsicoterapizza”, potremmo dire (e la faccenda non ha a che vedere con la “pizza”!). Poi, queste riflessioni sente il desiderio di condividerle con chi già conosce, con chi forse un giorno conoscerà, e con chi non incontrerà mai se non attraverso un like o un gradito commento.

Sì, è così. Cammino e penso, penso e cammino, e poi metto a nudo i miei pensieri sulla tastiera e li condivido.

Mi piace pensare che chi li legge, al sabato mattina quando di solito li posto, a sua volta rifletta su quello che in origine era solo un mio semplice pensiero nato per cadenzare il passo, e così questo pensiero si allarghi, assuma nuove forme, si arricchisca e prenda il volo, travalichi il soffitto sopra alla mia comoda poltrona, il cielo di Monterotondo, e si posi lontano, assieme a milioni di altri pensieri.

 

Beh, cosa volete di più! Federico Piccirilli: uno psicologo e pure un poeta!

Ma torniamo al nostro orologio e alla mia riflessione su di esso.

Come dicevo, niente lezioni, solo spunti, e la curiosità di sapere la vostra sull’argomento.

Quale ti piace di più?

L’orologio rotondo o il digitale a numerini?

In quale di queste due forme preferisci misurare il tempo?

Beh, a livello di percezione non è la stessa cosa. Il nostro cervello reagisce in modo diverso, anche se magari non ce ne rendiamo conto, e come ben sai, tale inconscia reazione si ripercuote tanto sul modo di agire che di reagire.

L’OROLOGIO A QUADRANTE.

Tondo, ma è solo un gusto personale; pure quadrato non cambia perché tanto il perno delle lancette è sempre centrale e sempre disegna cerchi.

Se proprio vuoi essere precisino precisino, roba da secchione primo della classe, ne sceglierai uno di quelli meccanici, con anche la lancetta dei secondi, che lasciano sentire il tic tic tic a ogni passaggio di tacca.

Ora osservalo con attenzione, per un tempo a tua scelta. Attenzione però, perché l’osservazione delle lancette che girano ha un effetto simile alle droghe. Crea dipendenza. L’attesa dello scatto della lancetta dei minuti sul successivo, può indurti a contare, inseguendo i secondi: uno – due – tre -… – sessanta; ma poi di nuovo, uno – due – … sessanta, e ancora, uno – due – …

Il fascino di questo misuratore del tempo è proprio la traccia evidente del suo passaggio. Osservando il quadrante abbiamo chiara la percezione del passato, del futuro e del presente, che però è inafferrabile, percepibile solo un attimo immediatamente prima o dopo che accada, al punto da farci dubitare che esista.

C’è un altro mistero svelato in quel quadrante diviso in sessanta tacche raggruppate cinque a cinque, fino a formare dodici finestrine. Tre piccole frecce appuntite, una stessa origine che le tiene unite, diverse velocità e una comune caratteristica: tornare sempre al punto di prima, ripercorrere lo stesso tragitto, all’infinito, senza noia.

È la consapevolezza della possibilità del riscatto, della veridicità del “non tutto è perduto”.

Zero e dodici coincidono, l’inizio e la fine.

Il tempo scorre in una linea retta (e vedremo come questo lo evidenzi meglio l’orologio a led e numeri) verso l’infinito, ma contemporaneamente si ripete, torna al punto di partenza e ricomincia il tragitto. Non è una diavoleria umana, inventata per facilitarci la vita e recepita dai calendari e, appunto, dagli orologi. È la natura a suggerire la magia del riciclo, attraverso le albe e i tramonti, l’arco che in cielo disegnano la Luna, il Sole e le stelle, lo scandire infinito delle stagioni. O semplicemente quel giochino idiota che facevamo da bambini:

  • Che ore sono?
  • L’ora di ieri a quest’ora.

L’idea del ripetersi ciclico sulla nostra mente ha un effetto estremamente positivo, perché ci comunica forte e chiaro che domani è un nuovo giorno, ma anche il prossimo secondo è un nuovo secondo, buono per riprovarci o cominciare da capo.

Sempre ammesso che ci si arrivi …

Di contro infatti, l’orologio a lancette non fa sconti nel disegnare il tempo che passa. Non a caso nell’epoca barocca lo si decorava con la simbologia della morte.

Un’ultima cosa mi preme di evidenziare: l’orologio a quadrante divide il giorno in due: la notte e la mattina/il pomeriggio e la sera. Zero/dodici, poi si ricomincia da uno.

Anche questo ha un buon effetto sulla mente, aiutandoci a darci dei tempi, delle tappe, che fungono da stimolo e da monito a un tempo.

L’OROLOGIO A NUMERI

Inevitabilmente sarò più breve. Numeri che cambiano, tutto qui.

Mettiamo che siano le 18:41. Voglio vedere quando scatta il minuto 42.

Attendere il passaggio al numero successivo è avvilente. Se questa è la formula, ore e minuti, resterò a guardare il nulla, magari contando mentalmente fino a sessanta pur sapendo di sbagliare, affannandomi nella consapevolezza di contare in modo diverso da come il tempo sta scorrendo. Se attivo anche il contatore dei secondi, è ossessivo. Numeri che si cancellano, compaiono, e un’attenzione all’afferrarli e leggerli che oscura ogni altra possibilità di pensiero.

No, l’orologio con i numeri deve solo essere letto per sapere l’ora. Un’occhiata e nulla più. Che ore sono? le diciotto e quarantadue. Punto.

Oltretutto questo tipo di orologio, nella tipologia in uso in Italia, non anglosassone che distingue in AM e PM, si snoda in tutte e ventiquattro le tappe orarie della giornata, da 00:00 a 23:59. Nessuna scissione della giornata in due metà, ma un’unica tirata che comprende alba e tramonto.

Avevo accennato al modello vintage di orologio a numeri, quello formato da piccole piastrine che scattano e formano il numero. Beh, il principio è uguale, solo che può essere un po’ più divertente l’osservarlo per vedere se magari s’incastra e spesso nasce una voglia matta di smontarlo e magari scombinarne le combinazioni.

IN CONCLUSIONE

Allora, riflettendo sugli orologi mentre tornavo a casa dopo il lavoro, complice un magnifico tramonto di fine estate e una discreta fame, ho pensato che se uniamo la percezione dei due orologi, quella ciclica del quadrante e quella lineare del digitale, otteniamo nientemeno che la struttura del DNA, quella spirale infinita che è all’origine della vita e che forse, attraverso la sua forma, ci suggerisce che non esiste morte ma solo ripartenza.

E qui mi fermo. Argomento troppo importante da affrontare prima di cena.

Allora, buon vento … fra l’altro, dove andrà questo vento che spazza e porta via? Probabilmente farà giri immensi e poi tornerà a ripercorrere i suoi passi.

Un po’ come farò io domani mattina, andando nel mio studio a Monterotondo, e come farai anche tu.

Di nuovo, buon vento.

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online

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