Le note esistono in natura. Non sono una nostra invenzione.
La musica vive a prescindere da noi, che ne siamo solo artigiani e fruitori. A dimostrarlo c’è l’istintivo movimento del neonato in risposta alla musica. Una reazione che viene ancora prima di quella alle parole, le quali invece sì che sono una nostra invenzione, e senza alcun dubbio la più straordinaria e determinante fra tutte.
Pare infatti, secondo parecchi studi di cui il più dettagliato e voluminoso è quello del prof. Jeremy Montagu dell’università di Oxford, che i nostri primitivi antenati svilupparono la capacità di produrre suoni diversi da oggetti diversi (ossa, pietre, vegetali) prima ancora di parlare, e che attraverso essi scoprirono la forza della comunicazione.
Da allora la musica accompagna l’uomo al punto di poter affermare che fu essa a porre il germe della nascita delle civiltà, e quindi che la storia della musica è la storia dell’uomo.
Per i greci, dalla cui lingua viene l’etimologia, essa è l’arte di tutte le arti: “musica”, arte “delle Muse”, quella che è in grado di prendere la semplice aria e trasformarla in qualcosa che porta l’animo oltre ai sensi.
Musica è ogni connubio di note, dal semplice vento fra le fronde al raffinato e sapiente fondersi di strumenti di un’orchestra. In quest’immenso ventaglio armonico vi è un elemento comune: l’emozione.
La musica è dunque “suono che trasmette emozioni“.
Prima però di proseguire, chiediamoci se conosciamo il vero significato della parola “emozione”.
Non ci è difficile riconoscere in essa l’azione del “muovere” (e – moveo, muovere attraverso); quello che invece è più facile che sfugga è l’antica radice greca “emo”, ovvero “sangue”.
L’emozione è dunque qualcosa che fa muovere il sangue e da esso si propaga, un’intima e profonda risposta del corpo. La mente, la psiche, agita e spinge il sangue in base all’interpretazione degli eventi.
L’emozione è quindi il nostro motore pulsante, e la musica il suo carburante.
La musica, come aggregante sociale: i canti per alleviare la fatica del lavoro di gruppo, quelli dei riti tribali, quelli delle marce per i soldati, gli inni di fedeli e seguaci di una religione, un partito, una squadra, l’inno di uno stato; e poi ancora i cori fra amici in gita, sulla spiaggia con una chitarra al chiaro di luna, sul palco di un karaoke, alla fine di una cena durante la quale si è alzato un po’ il gomito.
Ma anche, musica per scavarsi dentro e sognare: la ninna nanna di una madre, il canticchiare sovrappensiero e inconsapevolmente un motivetto, la melodia che accompagna la scena di un film, il ricordo che genera una canzone, l’immedesimarsi nel testo, il trovarvi pace, carica, rabbia o coraggio.
Unendo questi due aspetti, quello esteriore, condiviso, e quello intimo, privato, ci accorgiamo che ogni istante della nostra vita è accompagnato da una sorta di colonna sonora cosmica.
Bene, visto che della nostra vita siamo i registi, anche se non gli scenografi, proviamo a mettere in musica la nostra giornata.
C’è chi genera spartiti classici, altri decisamente rock, o ancora romantico/melodico, country, hip hop, heavy metal, pop.
Ciò avviene sulla scorta di una serie di fattori culturali, sociali, legati alla sfera emotiva dei ricordi e anche ad autentiche e personali inclinazioni di gusto.
Da come quindi scandiresti la colonna sonora della tua vita, molto si può capire della tua personalità.
Un dissidio o scontro tra colleghi: che musica sceglieresti di sottofondo?
Un’atmosfera western da duello stile accoppiata Sergio Leone/Ennio Morricone, oppure Wagner con la cavalcata delle Valchirie, o ancora Pappalardo con le vene del collo che scoppiano piuttosto che una raffica di sonori vaffa e fuck di stampo rap?
E per una notte di passione?
In una pellicola ormai vecchiotta, ma sempre gradevole da vedere anche per via di una Julia Roberts mozzafiato, A letto con il nemico, la colonna sonora che lui sceglie per il rapporto sessuale diventa elemento d’ossessione e di terrore, nonché la molla per prendere il coraggio di lasciarlo. Si tratta del quinto movimento della Sinfonia Fantastica di Berlioz, Dream of a Witches’ Sabbath, un pezzo fortemente cadenzato, inquietante, cupo, tetro, non per nulla scelto anche dal re dell’horror psicologico per Shining.
Tutt’altro effetto sull’inconscio e a livello pelle, è quello di Unchained Melody, che in modo struggente accompagna la sensuale modellazione del vaso di creta in Ghost.
Quanti sulla scia di queste note si sono innamorati? E quanti (o forse sarebbe meglio dire quante!) mentalmente lo canticchiano sciogliendosi in un abbraccio?
Musica che genera amore, rabbia, carica, dolore; musica che genera emozione.
Se non possedessimo questa capacità innata, tutto risulterebbe incolore e piatto, come la scena di un film silenziato. Non per nulla la musica, suonata in diretta da un pianista, accompagnava anche i primi film muti.
Il ritmo, oltre ad essere essenziale, può cambiare la stessa percezione della realtà e il nostro conseguente agire.
In uno spartito a incastrarsi e inseguirsi sono i sentimenti: allegro, andante, adagio, moderato …, ovvero quelli che in gergo si chiamano “tempi” e vengono scanditi dal metronomo (se fra di voi c’è qualche esperto che vuole puntualizzare, o correggere, il suo commento sarà il benvenuto). TOC … TOC … TOC …
Se quindi imponessimo ai vari momenti della giornata dei tempi, se avessimo la capacità e la volontà di sceglierli adattandoli alla nostra personalità e alle esigenze, potremmo ottenerne un effetto benefico e un efficace aiuto per superarli, se critici, oppure goderne appieno, se positivi e piacevoli.
Insomma, come bravi direttori d’orchestra, dovremmo essere noi tanto a scegliere la musica che più ci rappresenta quanto a determinare la velocità cui impostare il metronomo.
Cerchiamo di sentirla, la musica, e lasciamoci andare all’emozione che ne deriva.
Quante volte l’hai fatto? Il ticchetetacchete delle lancette in una noiosa sala d’aspetto, il ritmico cullare sonoro del treno, persino l’antifurto lontano nel cuore della notte o i tacchi della signora del piano di sopra. Tutto ha un potenziale musicale.
Sempre per servirci di film dal forte impatto psicologico, facciamo come Billy Elliot, che trasforma la feroce litigata che ha per argomento il suo futuro in musica, e ci danza sopra.
È estate. Ogni estate è scandita dalla musica, che da emozione precipita in tormentone.
Questa tradizione, piuttosto italiana, annovera testi di grande impatto emotivo che hanno fatto non solo la storia della musica ma pure spesso la nostra personale, con amori nati su di Una rotonda sul mare, con il Sapore di sale sulle labbra, bruciati nell’Azzurro di un pomeriggio in città, naufragati a Marakaibo, o Da Roma a Bangkok, riassunti in un Vorrei ma non posto, terminati in coda a una gru in tangenziale esclamando Andiamo a comandare! Ricordando che comunque purtroppo, ovunque andiamo e pure se non ci andiamo, ci vogliono Soldi e che difficilmente scamperemo, pure quest’anno, all’incubo del Gioca Jouer.
Capolavori destinati all’eternità? Combinazioni di semplici e cacofonici accordi a scopo commerciale?
Non importa. Profumano di estate, alleggeriscono l’anima, fanno allegria, fanno muovere il corpo.
Dormire, salutare, autostop, starnuto, camminare, nuotare.
Sciare, spray, macho, clacson, campana, ok, baciare.
Saluti, saluti, Superman,
All right!
Manca qualche infinito con funzione d’imperativo: riposare, mangiare, bere, leggere, amare … rilassarsi!
Diamo un ritmo rilassante alla nostra estate, impostiamo bene il metronomo, balliamo, con il corpo, se ci riusciamo, lasciandoci andare anche a quello che neppure immaginiamo di essere alla faccia di Quelli che ben pensano, e se invece siamo troppo ingessati, specie di mente, facciamolo con il pensiero.
Rilassamento, riposo, serenità: la musica, assieme al sole, può suggerirci come ottenerli. Sarebbe bello prenderci gusto e farli diventare il motivo trainante dell’intero anno, ma niente paura, perché non succederà. Come un tormentone destinato a coprire lo spazio di poche settimane, anche la nostra infantile allegria a breve svanirà. L’estate sta finendo, e questo si ripete ogni anno.
Approfittane dunque, finché puoi.
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi, ritrovarsi a volare. Tu chiamale se vuoi, Emozioni.
E funziona pure se all’airone e al fiume sostituisci il gabbiano e il mare, l’aquila e il monte, la farfalla e il prato. Persino la bolla di sapone che arriva dal balcone del vicino, anche lui rimasto in città.
Perché ricorda: anche la psiche ha bisogno di riposo, ma se non ci riesce, neppure lo psicologo può godersi il proprio, meritato, relax!
Comunque ci sono, tranquilli. Call me.
E Se telefonando non mi trovate, niente paura, magari sono solo a Ostia Lido. Un attimo e vi richiamo!
Buon vento
How many years can a mountain exist
Before it’s washed to the sea?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist
Before they’re allowed to be free?
Yes, ‘n’ how many times can a man turn his head,
Pretending he just doesn’t see?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind.
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online