Questi sono giorni che mettono a dura prova la stabilità psichica di parecchi, se non tutti. Giorni, che se non fosse che si rischia l’insolazione, per sdraiarsi sulla poltroncina ci sarebbe la fila e sarei costretto a mettere il distributore di numerini, come in gastronomia.
Il problema è che non so in quali condizioni mi trovereste … Oh, che cavolo, pure gli psicologi soffrono il caldo!
Fa caldo! Azz@ se fa caldo! Come ha detto che si chiama il tg? Bolla africana! Ecco, un termine decisamente azzeccato: Bolla.
Rende l’idea, non c’è che dire. Prova a pronunciarla enfatizzando la “O” e la “L”:
boooOOOOLLLLLLa! Lo senti l’effetto caldo/soffoco? Quello sulla mente è garantito pure se ci fosse qualche grado di meno.
Bolla … una roba rotonda ma molle, senza possibilità di traspirazione o scambio con l’esterno. Se no che cavolo di bolla sarebbe? Una trappola soffocante, roteante, ingovernabile. Come una bolla di sapone, ma con la superficie di fuoco e l’interno di aria rovente, in cui puoi cuocere la pizza.
A me fa venire in mente i soffiatori i vetro di murano. Ecco, sì; il concetto di “bolla africana” mi trasmette l’idea di essere rinchiusi in una grande palla di vetro fuso e rovente in compagnia di un branco di piranha.
Altro termine di sicuro impatto: Morsa!
Già senti le fauci chiudersi su di te, infilarsi nella carne, e l’alito mefitico soffocarti.
Qualche testata giornalistica si lancia addirittura su “caldo Killer”, ovvero su di un mostro armato di mannaia.
E dopo le parole ci si mettono pure i colori.
Cartine e mappe sembrano locandine di film:
Profondo rosso, il ritorno –
Bolla africana, non avrai il mio scalpo –
Non aprite quella persiana –
V per Vaffan@@lo ma che caldo che fa –
Uomini che odiano le colonnine meteo …
Beh, se ve ne viene in mente qualche altro, postatelo nei commenti. Può essere un divertente modo per distrarci.
Comunque sia, è vero che la temperatura esterna influenza la psiche; altrettanto lo è che il caldo eccessivo rende, oltreché decisamente più fiacchi e meno produttivi, parecchio rompicoglioni e pure aggressivi.
Regola numero uno in caso di termometro che svetta verso i 30° e oltre: girare alla larga!
Sciò, aria!
Non c’è slancio amoroso e passionale che tenga.
Il sesso? Solo protetto … estendendo il concetto di protezione a un buon condizionatore funzionante.
Romanticismo? Per manina a guardare l’orizzonte? No! Il limite di sicurezza da non superare si aggira sui due metri di raggio abbondanti. Al limite possiamo mandarci un messaggio per condividere la magia del momento.
Quindi, bolla sia! Ma bolla di sacrosanto isolamento verso il resto del genere umano. Isolamento epidermico ovviamente.
Tutto contribuisce a mettere caldo: anelli, orologio, capelli (così mi pare di ricordare …), mutande. Pure i pensieri sembrano mettere caldo, e così reagiamo un po’ a casaccio, spesso in modo eccessivo e fuori luogo.
Sbraitiamo più forte del solito, spingiamo sul clacson con più rabbia e più di frequente, insultiamo con più leggerezza e soprattutto svincoliamo un vocabolario ricco di ancestrali e irripetibili lemmi.
Diversi studi dimostrano che il turpiloquio si nutre di solleone con la voracità di un animale selvatico in cattività.
Non sono sicuro che la faccenda abbia valenza scientifica, ma uscirsene con un “ma che ca@@o! Si schiatta” è decisamente più efficace di un “perdindirindina la temperatura è molto alta oggi”
Il potere rinfrescante della parolaccia ha una forte base empirica. Forse è questo uno dei motivi per cui se ne fa un più largo uso nelle zone del sud del mondo.
In estate si perde anche la vergogna: libero vocabolario in libera panza!
La tartaruga? sembra che te la sei magnata. Ti cede la chiappa? La coscia ha un diametro a tre zeri? Hai le spalle da gatto?
Ma che te frega!
Che ce ne frega!
Canottiera stile mago Oronzo, magari arrotolata oltre la linea dell’ombelico, e bermuda di tela da tedesco in vacanza più infradito da piscina, oppure grembiulone a fiori stile tendone da circo più ventaglio, sono look che neppure il più grande stilista deve permettersi di contestare quando fuori ci sono 40 gradi all’ombra.
Forse se questo abbigliamento da venditore di cocomeri fosse accettato anche negli uffici pubblici, per i funzionari, gli impiegati, i bancari, i professori impegnati negli esami, forse se pure a Montecitorio lo adottassero, magari ci sarebbe più gente rilassata e meno infoiata!
Ma te lo immagini con quale spirito può lavorare uno in giacca impunturata, camicia inamidata e cravatta che gli strizza il collo? Ok, in ufficio avrà pure il condizionatore a palla, ma quando esce per la pausa pranzo, con il sole che gli picchia perpendicolare sulla pelata (scusate ma ne so qualcosa!), come dargli torto se gli viene l’espressione di jack Nicholson in Shinning? Anzi, se quello era arrangiato in quel modo col freddo, figuriamoci cosa avrebbe fatto sotto il sole di Piazza di Spagna!
Sto inanellando una sequela di stronzate! Ok, ci sta. Fa caldo.
Fatto è che pare esistere una sorta di gap termico entro il quale il nostro cervello sembra funzionare al meglio, e questo si aggira intorno ai 20/22 gradi.
Oltre andiamo in confusione, e più la temperatura si alza, più il cervello va in pappa. Quindi … sono giustificato.
Secondo alcune teorie vi è una forte componente di suggestione. Nello specifico sono state analizzate le capacità ricettive di alcuni studenti dopo aver fatto loro visionare alcune foto. Ebbene pare che quanti avevano ricevuto un’immagine raffigurante la canicola, abbiano riscontrato maggiori difficoltà, esattamente come quanti avevano visto fotografie di luoghi molto freddi.
Per cui, riassumendo:
- rapporti umani fisici ridotti all’osso
- abbigliamento leggero all’insegna della collezione “stica@@i”
- alimentazione idratante e ricca in vitamine e sali minerali
- turpiloquio quanto basta e all’occorrenza. Ammessi gli eccessi.
Così dovremmo riuscire a sopravvivere al passaggio di sto cavolo di bolla, alla quale diamo pure dei nomi. E come la chiamiamo?
Beh, che domande! Caronte, Lucifero …
Giuro che avevo una mezz’idea di insistere sull’aspetto relativo alla suggestione, arrivando a concludere che in fondo il problema non è il caldo ma l’eccessiva e malsana percezione che abbiamo dei suoi effetti. Però ho una specie di presentimento che mi mandereste affanculo. E forse lo farei pure io.
Aggiungo che comunque, è scientificamente provato che il lamentarsi senza posa non serva a un accidenti al fine di produrre aria fresca.
E allora soffiamo tutti insieme, che magari funziona:
Buon VENTO (e perdonatemi!)
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online