“Ciao tesoro, hai fatto i pancake?”
“No amore. Ho solo smesso di fumare!”
Al momento manca solo il profumo di lasagna della nonna e poi siamo al completo. Convivere con uno svapo-dipendente trasforma la casa in una sorta di laboratorio di pasticceria artigianale a ritmo forsennato.
E non solo.
Per riuscire a vedersi negli occhi laddove lo svapo è diventato consuetudine, bisogna armarsi di coltello per tagliare la densa nuvola di nebbione bianco che avvolge l’interlocutore, oppure di appositi occhiali a raggi laser.
Hai presente la mitica scena di Totò e Peppino che arrivano a Milano? “Fidati, la nebbia c’è ma non si vede”.
Qui invece si vede, eccome!
Lo Svapo, la nuova moda di fumare. Nata per ovviare alla dipendenza da sigaretta che miete nel mondo parecchie vittime, principale causa del cancro al polmone. Cosa buona dunque, almeno nel concetto di base.
Ma è inutile. Non ce la facciamo a rinunciare a una dipendenza, accertatamente lesiva peraltro, e dobbiamo sostituirla con un’altra. Del resto il ragionamento non fa una piega: che dipendenza sarebbe se si riuscisse a smettere?
Il fumo è un vizio, ovvero una di quelle cose delle quali non abbiamo alcuna necessità. Pensa a quanto sia anomalo persino nel vasto panorama dei “vizi”: cibo, sesso, persino l’alcol hanno una loro indiscutibile collocazione in natura e nella quotidianità. Il fumo no, e non a caso l’uomo è l’unico essere sulla terra che lo pratica. Bisogna vestirsi, uscire, tirare fuori dei soldi (un bel po’ di soldi anche se la tendenza è quella di non contabilizzarli mai a bilancio). Per cosa? Per dargli fuoco e aspirarne i veleni.
Logico?
Assolutamente no, eppure per una vasta parte di popolazione, spesso rappresentata da menti attive, produttive, guidate da logica, pratica e intelligenza, questo gesto è irrinunciabile.
Sono pronto a scommettere che alcuni di voi, leggendo queste parole, annuiscono ma meccanicamente si stanno accendendo una sigaretta. Scrivetelo nei commenti se ci ho azzeccato!
Ben lo sa anche il mondo del business, che su questa incontestabile idiozia ha costruito miliardi sonanti, vigliaccamente utilizzando anche un sapiente linguaggio subliminale, attraverso film e messaggi mediatici tesi a rivestire di “fascino” un gesto che di affascinante non ha un bel fico secco. Ma noi, capaci di costruire le piramidi e andare a spasso per il sistema solare, ci caschiamo come se il cervello fosse un optional e mandiamo in fumo neuroni e soldoni a un tempo.
Ora basta, ci siamo detti un giorno, anche perché, ammettiamolo, svegliarsi con quel gusto di catrame sotto il solleone estivo di mezzogiorno in un cantiere autostradale, non è che ci garbi un granché!
Perché dunque non salvare capra e cavoli? Ovvero mantenere il vizio ma toglierne gli effetti nocivi e disgustosi?
Gran pensata, non c’è che dire, e laddove c’è una bella pensata scatta l’attenzione di chi con le belle pensate ci fa pure la grana.
Ed ecco che nasce la svapo-mania, o meglio, la svapo-dipendenza.
Non starò ad addentrarmi sugli aspetti propriamente medici del nuovo fumo che sta avvolgendo il pianeta, e sui dubbi che gravitano intorno alla sua presunta salubrità, ancora tutta da indagare e comunque non confermata.
Al di là degli effetti sulla salute del corpo le dipendenze logorano il cervello, il controllo di se stessi, e questo prescinde da ogni altro fattore. Anche una dipendenza assolutamente innocua sull’organismo è devastante per la psiche, e dal momento che essa è il nostro motore principale, possiamo aspettarci che l’intera macchina vada in tilt.
Lo svapo, ovvero la mania per il fumo elettronico, è un fenomeno in forte crescita, che al momento coinvolge principalmente la clientela giovane; una clientela che l’elettronica ce l’ha nel DNA, che con l’elettronica convive tanto quanto con l’aria. Il successo era facilmente intuibile.
Ma quali sono i rischi effettivi?
Il primo è il dilagare della cosa. Infatti molti ragazzi che non si erano mai avvicinati al fumo, e che addirittura ne avevano disprezzo, sono invece attirati da questa nuova, vaporosa e profumata esperienza rivestita di ingiustificati contorni di “non nocività”. Un tiro, e che sarà mai!
“Dai, fammi provare! Si sente il gusto di pop corn?”
La varietà di forme e colori dell’attrezzo, l’infinità dei gusti del vapore, l’aura di “gioco” che si tinge di gara a chi produce il fumo più denso, più lungo, a chi meglio lo sa modellare, al selfie più fumoso, fanno il resto. Un attimo ed ecco servita la dipendenza. Che vi sia o meno l’aggiunta di nicotina è in realtà un fattore secondario. La dipendenza si è ormai insinuata nel cervello e vi si è accomodata, e non sarà facile farla sloggiare.
C’è un secondo rischio. Per quanto il fenomeno sia recente, gli studi dimostrano una netta tendenza di molti “svapatori” per diletto a passare nel mondo della più tradizionale “bionda”. Questo succede perché spesso i liquidi sono addizionati di nicotina, che crea anche dipendenza fisica, ma soprattutto perché attraverso l’innocente gioco dello svapo in qualche modo si va a rompere il muro, o il ghiaccio se preferite, con quel mondo che prima era estraneo o addirittura caldamente osteggiato. Quanti ragazzi che fino a ieri facevano vergognare mamma e papà per l’alito pestilenziale e lamentavano la puzza delle tende del salotto, sbattendo loro in faccia addirittura la responsabilità di renderlo potenziali orfani, domani invece si accenderanno la sigaretta a loro volta?
È scarica, è finito il liquido, si è rotta: mille e uno motivi per passare al “piano B”, quello tradizionale del pacchetto, … così, per una sola volta, proprio mentre il gioiellino elettronico si ricarica o un’altra è in arrivo con il corriere.
Insomma, perché sentiamo la necessità di farci dominare? Perché non riusciamo a essere noi i dominatori di noi stessi?
Forse perché esauriamo tutte le nostre forze e risorse in una sorta di delirio di dominio su tutto, ambiente, spazio, animali. Ci rifacciamo dunque con la fragilità del nostro io, rendendolo incapace di reagire, e davanti all’assurdo chiniamo il capo, o le brache sarebbe più opportuno dire.
Non è mia intenzione demonizzare lo “svapo”, anzi. Credo che possa essere un buon gancio cui attaccarsi per cominciare a smettere, se da soli o con un valido aiuto non ci si fa.
Può essere anche divertente, non lo nego; ma il passo verso la mania è breve, e nello specifico assai facile:
- il fattore “moda”
- la curiosità di provare nuovi gusti
- la gradevolezza dell’aspetto
- il coinvolgimento mediatico
- il fattore “gioco”
- la presunzione di “non nocività”
tutti aspetti che lo rendono un potenziale nemico per la mente (e il portafoglio).
E poi, scusate, ma chi può escludere che in quel tubicino assieme al liquido al profumo di pancake venga aggiunto qualche cosa di nocivo?
Sarebbe il caso dunque che i genitori vigilassero anche su questa nuova moda solo apparentemente innocente, ammonendo di “Non accettare svapo dagli sconosciuti”
Comunque ricordate, e questo vale tanto per voi che per i vostri ragazzi: il controllo di noi stessi è il bene più prezioso che abbiamo; se non riesci a salvaguardarlo da solo hai bisogno di un aiuto per riappropriarti di te stesso.
Solo quando avrai raggiunto questo equilibrio interiore potrai godere appieno anche di un saltuario “vizio”, oppure sentirti libero di scegliere di farne a meno.
Buon vento … comunque io i pancake preferisco mangiarmeli, non fumarli!
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola