Non ho mai provato
Magari una volta sola si può fare, perché no?
… mah, non ci trovo granché
Riproviamo
… mi dà un po’ di nausea ma tutto sommato non è male
È quasi come una scatola di cioccolatini, uno tira l’altro
… solo ancora un gioco e poi basta
Accidenti, devo riprovare
Ancora niente … devo riuscire
Evviva
Posso fare di più …
… sono già passate due ore? Non mi sembra possibile …
Va bene, arrivo solo a quel livello e poi basta
Non posso interrompere ora
Mi si annebbia la vista ma …
Ci riprovo
Ora basta
…
No, non riesco a pensare ad altro
Potrei andare avanti all’infinito con questa simulazione, all’infinito proprio come infinite sono le possibilità di andare avanti senza mai trovare una fine.
Che sensazione ti restituisce?
Angoscia, oppressione?
Bene, era esattamente il mio scopo.
Il gioco ha un grande e indispensabile ruolo educativo: attraverso l’aspetto ludico s’impara, si cresce, si socializza e si fornisce linfa vitale all’intelligenza. Questo accade non solo nell’uomo ma in ogni essere vivente, tant’è che gli etologi individuano una grande correlazione fra le capacità intellettive di una specie e la sua attitudine al gioco.
Quali sono però le immagini immediate che ti vengono in mente?
Gioia, vitalità, evasione, stanchezza positiva.
Sì, è un processo mentale automatico; “gioco” ci riporta all’infanzia, alla spensieratezza (che altro non è che l’evasione del pensiero), al movimento anche sfrenato.
Sensazioni in assoluto contrasto con quelle generate all’inizio dell’articolo.
Il termine “gioco” ha peraltro una notevole assonanza con “giogo”, la pesante trave in legno imposta sul collo dei buoi per trainare l’aratro, simbolo di schiavitù e sottomissione.
Ed ecco che quella caratteristica essenziale di libertà scompare.
In un mondo in evoluzione è inevitabile che tutto muti e si adatti: non più piazze in cui rincorrere un pallone, non più alberi dietro ai quali giocare a nascondino. I nostri bambini e ragazzi si sono appunto adattati alle nuove condizioni ambientali, e malgrado spesso ci arrabbiamo con loro accusandoli di essere schiavi della tecnologia, non possiamo certo fargliene una colpa.
Sin da subito essi hanno a che fare con smartphone e tablet: fotografati, filmati, postati, twittati sin dalla nascita, e spesso anche prima, crescono poi con madri e padri che si messaggiano e whatsappano anche solo per immortalare il loro primo passo e la prima parola, che in queste condizioni è già tanto che non sia “internet” senza balbettamenti!
Di cosa dobbiamo dunque lamentarci?
Si aggiunga che recenti studi hanno posto l’accento sul potere positivo che tali giochi, tanto amati e temuti, avrebbero sullo sviluppo intellettuale del bambino.
E allora dov’è il problema?
Torniamo un attimo a quel mondo infantile al quale siamo legati, alla palla, alle bambole, alle corse in cortile o per le strade oppure, perché no, al semplice Monopoli nelle giornate di pioggia in cameretta.
C’era un momento in cui l’incantesimo “gioco” veniva brutalmente spezzato, ricordi?
“Su dai! A casa. Si mangia!” qualche muso lungo, un risuonare di “ciao a domani” e poi, durante la notte, il gioco continuava ma nel sogno.
Nessuna nostalgia in tutto ciò ma solo lo spazio di una semplice considerazione:
il vero problema del nuovo concetto di “gioco” è l’assenza di una fine. L’incantesimo non ha possibilità di essere spezzato e così la favola rischia di trasformarsi in incubo.
Nel ritmo ossessivo che caratterizza il gioco multimediale naufraga no la bellezza, lo scopo ludico e quello educativo, nonché spesso il percorso verso l’età adulta. È questo un fenomeno nuovo, la traslazione della medesima tipologia di gioco dall’età infantile a quella adulta, quasi si trattasse di semplici livelli da superare, senza pause o interruzioni.
Ossessione, peso, senso di soffocamento, perdita di concentrazione, … e di denaro, quando si arriva a fare il salto in quella che è definita una vera e propria malattia, o meglio dipendenza.
Ecco dunque i due criteri diagnostici secondo il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders):
- Uso ripetitivo di giochi basati su Internet, spesso con altri giocatori, che porta a problemi significativi di funzionamento.
- Cinque dei seguenti criteri devono essere soddisfatti entro un anno:
- Preoccupazione o ossessione per i giochi su Internet.
- Sintomi da astinenza quando non si gioca su Internet.
- Aumento di tolleranza: è necessario dedicare più tempo ai giochi.
- La persona ha cercato di fermare o frenare l’utilizzo di giochi su Internet, ma non è riuscita a farlo.
- La persona ha avuto una perdita di interesse in altre attività della vita, come gli hobby.
- La persona ha continuato ad abusare di giochi su Internet anche con la consapevolezza di quanto abbia un impatto sulla vita della persona stessa.
- La persona ha mentito agli altri sul suo utilizzo di giochi su Internet.
- La persona usa i giochi su Internet per alleviare l’ansia o il senso di colpa – è un modo per fuggire.
- La persona ha perso o messo a rischio un’opportunità o relazione a causa di giochi su Internet.
Occhio poi ai sintomi che, come in ogni forma di dipendenza, coinvolgono anche il fisico e l’aspetto esteriore del soggetto colpito o a rischio.
Il gioco è bello quando dura poco
Dice la saggezza popolare. Dalle ascolto, e se non ci riesci regalati la consapevolezza della necessità di un aiuto concreto.
Buon vento.
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola