Dice Gustavo Pietropolli Charmet: “Gli adolescenti hanno più paura di essere brutti che cattivi” e non lo dice per attaccare gli adolescenti o per etichettarli, non lo dice per generalizzare o demonizzare, come non voglio farlo nemmeno io, ma i fatti di cronaca mi spingono a scrivere questo articolo.
Un articolo che parla di una tematica che ho molto a cuore: gli adolescenti. Nel mio lavoro ne seguo molti, sia nel mio studio di psicologo a Monterotondo che online, ma purtroppo oggi devo parlare di loro riguardo lo stupro di Palermo e quello di Caivano.
Dopo questi ennesimi atti di violenza tutti noi ci siamo chiesti: “Ma cosa sta accadendo ai nostri giovani?” e dietro a questa domanda ci sono altre due preoccupazioni molto più profonde: come sta evolvendo la nostra società? Cosa ne sarà del nostro futuro?
In adolescenza il problema è sempre stato far convivere la mente con il corpo. In questa terribile e meravigliosa fase di transizione le emozioni sembrano indomabili e quasi sempre si riversano sul corpo. Un corpo spesso difficile da accettare, soprattutto quando il mondo esterno ti chiede di “essere bello e potente a tutti i costi”.
La società di Narciso
«Nella società del narcisismo, in cui i modelli fin dalla nascita invitano ad avere un certo tipo di successo “estetico”, la patologia può essere solo questa: la paura di essere brutto» dice Gustavo Pietropolli Charmet. Nei ragazzi che si sentono brutti, è il corpo ad essere messo sul banco d’accusa. Non piace, quindi lo si punisce o si cerca di renderlo adeguato. Si spiega così il tentativo da parte di molti adolescenti di cancellare il proprio fisico, attaccandolo, affamandolo o sformandolo oppure di scagliandosi sul corpo altrui.
Esiste un fenomeno che gli psicologi conoscono come “disumanizzazione dell’altro” e che riguarda non solo i fatti di cronaca che stiamo commentando. Si tratta di un processo psichico che spinge a considerare l’altro come un oggetto perché ha caratteristiche diverse dalle proprie. E’ questo ciò che accade nel branco: chi è dentro è portatore di valori giusti e condivisi, anche se aberranti, mentre chi è fuori finisce per rappresentare una diversità che non si riesce a tollerare. E allora l’altro diventa un oggetto da possedere e sopraffare.
E allora ci si scaglia contro quel corpo. Dalla cronaca apprendiamo che gli autori dello stupro di Palermo hanno detto ‘Eravamo come 100 cani su una gatta’; ‘la carne è carne’, dimostrando, quindi, l’incapacità di riconoscere l’altro. In questi quasi 60 terribili minuti, in nessuno di loro è scattato un meccanismo regolatorio, nessuno ha avuto uno sguardo più lucido, più umano, nessuno si è chiesto: che cosa stiamo facendo?
Ma cosa muove un branco di ragazzi a scagliarsi contro una giovane coetanea? Alla base di tutte queste violenze vi è sempre lo scatenarsi di un comportamento filogeneticamente primitivo di dominio e predazione del maschio sulla femmina, dove sesso e aggressione sono connessi. La Natura ci insegna che questa disposizione si trova nella parte più antica del cervello maschile, che connette il sesso ad un atto di violenza e di sopraffazione, quindi come una possibilità per ogni maschio umano.
Quindi tutto questo è normale?
Chiaramente NO. Grazie all’evoluzione e, soprattutto alla civilizzazione, per gli esseri umani il sesso si è congiunto con gli affetti e con le relazioni personali. E allora come mai avvengono ancora questi atti primitivi? Perché quando ci si allontana dai valori avviene un’involuzione. In un’intervista del 24 Agosto 2023 sul Corriere della Sera Vittorio Andreoli dichiara: “Un grande italiano, che era Giambattista Vico diceva che il percorso della storia va dalla barbarie fino alla civiltà. La civiltà non fa parte del DNA, è una faticosa costruzione che porta a dominare gli istinti, la forza, il potere, il denaro, i muscoli. Ma tutto questo va insegnato e in questo momento succede poco. Quindi stiamo regredendo e, se si va avanti così, diventeremo sempre più incivili. Se per esempio so che una ragazza mi dirà di no, sai che faccio, la prendo in gruppo, la porto fuori, la faccio bere e via”.
Oggi si riscontra una difficoltà ad accettare l’idea che si debbano educare i ragazzi alle virtù. Oggi è difficile dire no ad una richiesta del figlio, dimenticando che ciò, invece, lo aiuta a capire che esiste un limite e se ciò provoca una ferita, questa non è fine a sé stessa, ma lo sta addestrando alle ferite che la vita gli infliggerà. Ma dire no per un genitore è difficile, sia per i sensi di colpa sia per lo stile consumistico di una società che spinge ad avere tutto subito rifiutando l’idea del limite e dell’attesa. Genitori e scuola hanno il dovere di creare una cintura sanitaria intorno alla mente dei ragazzini, costruire una cultura antidoto rispetto alla capacità di penetrazione che hanno i modelli proposti dai mass-media. Come prima cosa bisognerebbe assumere, come adulti, un ruolo educativo, cosa che oggi spesso non avviene. Vi è un drammatico abbandono educativo sui temi della sessualità e degli affetti da parte sia della famiglia, sia della scuola.
Tuttavia il comportamento dei ragazzi non può dipendere solo dalla famiglia e dalla scuola, ci sono anche il gruppo dei pari, i social media e il contesto socio-culturale di appartenenza. Ad esempio i ragazzi dello stupro hanno dichiarato di aver visto “una cosa del genere” solo nei porno. Nei porno la star è la donna, ma il protagonista è l’uomo, spesso più uomini insieme, perché la regia è nella stragrande maggioranza maschile. Ciò dimostra come la sessualità proposta dalla pornografia, anche quando non è manifestamente violenta, riduce la donna a oggetto del piacere maschile e favorisce di conseguenza i comportamenti aggressivi di sopraffazione, riflessione che dovrebbe portarci a prendere atto non di una ribellione verso ciò che esiste, ma verso il significato che le persone attribuiscono a ciò che esiste.
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Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE