Oggi ti porgo un calice prelibato: quello dell’amore. Mi piace molto paragonare la raffinatezza del vino all’amore, perché sono molte le componenti che li rendono speculari. “Un po’ d’amore è come un po’ di buon vino. Troppo dell’uno o troppo dell’altro rendono un uomo malato” disse John Steinbeck.
Infatti quando ti innamori vorresti dare all’altro il meglio di te, soprattutto nelle fasi iniziali, e anche nell’altro noti molto più le luci rispetto alle sue ombre. Allo stesso modo durante l’anno le viti vengono curate in maniera quasi maniacale: migliore sarà il raccolto, più buono sarà il vino!
I coltivatori la potano e la curano se si ammala proprio come fosse una persona. L’aspettativa degli innamorati è quella di creare una storia inebriante, l’aspettativa del viticoltore è quella di creare un vito pregiato.
Ma proprio come in vista della vendemmia, accade che, dopo la fase di idealizzazione, l’altra persona possa iniziare a premeditare come imbottigliarti e quindi, attenderà il periodo della massima maturazione della vostra storia, per dare inizio alla sua vendemmia…
Il dramma di finire nel calice del narcisista
Lo schiacciamento, o pigiatura dell’uva, per mezzo dei piedi, nudi o vestiti di calzari adatti, è il metodo più antico e tradizionale per estrarre dagli acini il mosto da trasformare in vino, ma in questo procedimento gli acini sono completamente spolpati e la loro essenza si scioglie, come sangue, sotto a quei pressanti piedi, che in maniera feroce bramano la creazione del succo divino.
Ricordi quando da bambini, arrivando al fondo del succo di frutta, iniziavi a sentire il rumore dell’aria? E più ti accorgevi di averlo finito più continuavi a sfidare l’ultima goccia con la cannuccia?
Ecco, a volte, alcune persone fanno così nelle relazioni. Ti è mai capitato?
Ci sono determinati rapporti relazionali che sono negativi, spossanti e destabilizzanti, non per qualche ragione oggettiva o relativa ad eventi o situazioni concrete, ma per la persona in particolare che stai frequentando e che assorbe ogni tua energia e forza vitale, come fosse un vampiro.
Le persone vittime sono nella maggior parte dei casi delle persone disponibili, estremamente generose, sempre disposte all’aiuto, all’accoglienza e all’accudimento del prossimo, si preoccupano degli altri e si fanno in quattro per sostenerli e risolvere i loro problemi. Hanno le stesse caratteristiche dell’acino perfetto e proprio questo le rende candidabili per farsi risucchiare fino all’ultima goccia. Per questo finire nel calice del narcisista può essere pericoloso.
Risalire dal fondo del bicchiere
Tre è il numero perfetto, ma non quando si parla della relazione tossica. Infatti quello che emerge dai racconti, che le persone mi fanno nel mio studio di psicologo a Monterotondo e psicologo online, è che nelle relazioni tossiche seguono quasi sempre tre fasi.
La relazione tossica infatti segue l’itinerario dell’ebbrezza: parte con una prima fase di love bombing, che conduce al settimo cielo: regali, attenzioni, promesse, esperienze speciali, tappe bruciate da un entusiasmo incontenibile, come la piacevole dolcezza del vino, che lentamente dal bicchiere raggiunge i nostri sensi.
Ma poi, dopo essere arrivati in alto, la seconda fase è un vero e proprio giro della morte, composto da ampi giramenti di testa, una forte destabilizzazione, nella quale attraverso la svalutazione il partner rivela la sua vera identità, mostrando bugie, tradimenti, colpevolizzazioni, confronti con ex, critiche…
Ed infine viene la terza fase: lo scarto, in cui rigettiamo l’amato vino, provando a disintossicarci da esso, ma in realtà, ricordando quella dolcezza passata, torneremo a bramare quel sapore prelibato di quel dolce vino invecchiato e sarà proprio in quel momento che il manipolatore tornerà ad inebriarci e a spremerci ancora…
Ricordati che sei un vino pregiato
Ma come si esce da tutto questo? Come si smette di bere e farsi bere? Ma soprattutto come puoi smettere di sentirti schiacciata da chi ami?
Bisogna ricordare che se ti stanno schiacciando è proprio perché tu vali, sei un acino pregiato.
Ma come si fa a riconoscere il proprio valore e come si fa, soprattutto, a farlo riconoscere agli altri?
Le due cose vanno di pari passo: il valore che pensiamo di avere incide su come vediamo noi stesse, sulla nostra realtà e sul nostro modo di comunicare con gli altri e di raccontarci.
La capacità di cogliere il nostro valore ci mette in condizione di prendere posizione, di definire i nostri confini chiaramente, di stabilire i nostri obiettivi e determinare i passi da compiere per raggiungerli, pienamente consapevoli di avere le risorse giuste per farlo e soprattutto di meritarlo.
Ricorda bene la tua posizione privilegiata e luminosa nel mondo, ricorda che sei il grappolo sul ramo più alto, non sei per tutti, ma solo per i veri intenditori. Ricorda il tuo valore, per non permettere mai a nessuno di svalutarti. Ricorda la tua luce, affinché nessuno ti posizioni mai in penombra.
E soprattutto, come disse Gibran riguardo l’amore, “amatevi, ma non tramutate l’amore in un legame. Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento tra le sponde opposte delle vostre anime. Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una sola coppa. Scambiatevi il pane, ma non mangiate un solo pane. Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma permettete a ciascuno di voi d’essere solo”.
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Buon vento 😉
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Psicologo a Monterotondo (RM) e Psicologo ONLINE