Questo è l’articolo più inutile del mondo.
Più o meno funziona come quel vecchio indovinello che recita:
“Chi la fa, la fa per venderla, chi la compra non l’addopra, chi l’addopra non la vede”.
Capito di cosa si tratta? È facile oltreché noto; almeno, qui a Monterotondo, dove l’ho testata su di un po’ di conoscenti, la risposta l’hanno azzeccata tutti, e molti anche perché già la conoscevano!
Ma torniamo a noi e all’articolo di oggi. Inutile.
Sì, inutile, perché analogamente all’oggetto dell’indovinello, coloro ai quali è destinato non lo leggeranno.
Inutile perché chi lo leggerà non potrà farci nulla.
Inutile perché anche qualora venisse letto dagli interessati, magari addirittura approvato nella sua intima sostanza e sottoscritto, non verrebbe seguito. Non sono io a dirlo, ma la storia intera dell’umanità.
Mi preme, davvero tanto, fare una premessa: chiunque mi conosca, come psicologo ma anche come semplice amico, o mi segua in rete, ha sicuramente chiaro che sono assolutamente distantissimo da ogni forma di rimpianto dei “bei tempi” che furono (che così “bei” non furono affatto), estraneo anni luce alla mitizzazione del passato, alla glorificazione di valori defunti, moribondi e alquanto discutibili. Il mio obiettivo – persino quando tiro in ballo “ieri” – è sempre il presente, e di conseguenza a esso, il futuro.
Ok, fate fatica a seguirmi. Lo capisco. Il problema è che ho tante di quelle cose che vorrei dire da perdermici ogni tanto … abbiate pazienza.
Sto inutilmente scrivendo queste parole inutili per i giovani, i ragazzi, gli adolescenti. Lo sto inutilmente scrivendo per una fetta umana che non lo leggerà. Lo sto però scrivendo comunque perché ne sento la necessità; anzi no, nessuna necessità. Ne sento semplicemente il desiderio
Lo scrivo perché sono psicologo, perché sono padre e perché sono uomo del mio tempo, che ama questo tempo. Ragazzi, mi rivolgo direttamente a voi, in prima persona, anche se non mi leggerete: vi state perdendo qualcosa! No, non è il classico predicozzo. Non è l’inizio della partita “adulti Vs adolescenti”. Non m’importa un fico secco – lo ribadisco – della nonna che giocava con il cerchio in piazza, delle ginocchia sbucciate cadendo dagli alberi e altri quadretti da cartolina ingiallita e incartapecorita in una scatola in soffitta o nella cassettiera mentale dei ricordi. I tempi cambiano, i modi di rapportarsi cambiano, i giochi cambiano, ed è giusto che sia così. Io stesso vivo di tecnologia, accresco le mie conoscenze, miglioro costantemente, mi diverto e svago, e grazie a essa addirittura lavoro… Però …
Però vi state perdendo qualcosa. Non del passato, che non vi appartiene, ma del futuro. Quello sì che è, sarà, vostro. Insomma, per farla poco lunga: ragazzi, non sono poi tanto sicuro che stiate facendo un buon uso di quell’elemento per voi tanto naturale che è la “rete”. Magari mi sbaglio, per carità! Me lo auguro, ma ogni giorno che passa si accresce questa mia sensazione. Da psicologo, da padre e da uomo del mio tempo, amante del mio tempo e di ciò che offre, quello che vedo non mi piace. Non mi piace vedervi alzare e andare a fare colazione fissando lo schermo di un cellulare; non mi piace vedervi entrare in bagno fissando il cellulare; non mi piace accorgermi che tenete l’acqua aperta a vuoto perché siete incollati al cellulare pure mentre vi lavate i denti e il di dietro; non mi piace sapervi nel letto con la luce del cellulare che traspare dalle lenzuola; non mi piace vedervi camminare per strada con gli occhi e la testa al cellulare; non mi piace vedervi seduti su di una panchina con il cellulare, in spiaggia col cellulare, in un locale con il cellulare; non mi piace immaginare che dopo aver fatto l’amore per prima cosa prenderete in mano il cellulare.
… quante volte ho ripetuto la parola “cellulare”? Mai quante voi ne fate un uso effettivo. Rifletteteci, se per caso state leggendo. Sia chiaro che non ne faccio una questione di contenuti. Io non lo so cosa state guardando, cosa sia così catalizzante da assorbirvi completamente, ma anche se si trattasse del resoconto di tutti i Nobel per l’astrofisica e le neuroscienze, quando occupa più del 90% delle ventiquattro ore del vostro tempo quotidiano nonché della vostra giovane vita, beh, a mio parere, a mio modestissimo parere … vi state perdendo qualcosa! L’uso, in particolare il buon uso, è cosa molto diversa dall’abuso. Un maritozzo per iniziare la giornata è una gran bella cosa; dà carica, energia, nutre e coccola palato e mente, e aiuta a indossare un bel sorriso e alleggerire i pensieri. Ma se prima di sera ingurgitassi una ventina di maritozzi? E se pure domani lo facessi, e il giorno a seguire? Non solo faresti un torto al tuo benessere psichico perdendo la capacità di apprezzare la bontà straordinaria di quel trionfo di calorie e piacere, ma rischieresti pure il diabete, mettendo a dura prova la tua salute nonché la tua stessa sopravvivenza. Non è mai l’oggetto il colpevole, ma l’uso che se ne fa. Persino il cuscino, la più soffice, avvolgente e innocua delle invenzioni, può trasformarsi in un’arma; pensate che secondo uno studio statunitense è addirittura la più usata fra le armi, proprio per la sua capillare distribuzione. Il vostro cellulare è uno straordinario mezzo di conoscenza e contatto; non trasformatelo in una droga.
Cosa pensereste se vostra madre camminasse per casa e fuori con il naso perennemente immerso in un libro? Se lo tenesse accanto al piatto, senza neppure alzare gli occhi su di voi e senza neppure accorgersi se le state parlando? Avrebbe forse importanza quanto sia bello e interessante il libro? Sì, vi state perdendo un sacco di cose …
Vi state perdendo il tempo. Non è un errore di battitura; ho proprio voluto scrivere che state perdendo “il tempo”, complemento oggetto, che è diverso dal concetto di “perdere tempo”. Anzi, vorrei tanto vedervi perdere tempo, magari anche solo guardando il soffitto con le mani intrecciate dietro alla nuca. Se poi al posto del soffitto c’è il cielo e sotto l’erba, la sabbia, o una roccia, è pure meglio.
Oggi è oggi, e va bene così. Non c’è nulla di sconvolgente in una giornata passata interamente in chat; ok, ma è concepibile un’intera vita in chat? Quello che io ho in mente per voi è un mondo in cui il piacere prevalga sull’assuefazione, la libertà sulla sudditanza.
Ma vi sentite veramente liberi? La continua permanenza su internet vi genera soddisfazione o finite per adeguarvici con apatia? Sapete quanto è pericolosa l’apatia?
Quando passate da un video a un altro, pensate veramente che il successivo sarà più interessante di quello appena scorso o è quasi come se il dito agisse da solo, contro la vostra volontà? E il pensiero? La vostra mente non si stanca almeno quanto gli occhi? sapete quanto è rischiosa la stanchezza mentale?
Vorrei trasformarmi in un ticktocker (si dice così, vero?) e riproporvi queste domande danzandole su di una musichetta scema, se potesse servire.
Per ora però ho deciso che non lo farò, tranquilli! Mi basta offrirvi la possibilità di interagire anche in videochiamata, cosa che potrebbe mettervi sicuramente a vostro agio.
Buon vento.
… a proposito … avete risposto all’indovinello?
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e ONLINE