Cinquanta sfumature di così così.
Ovvero la versione attuale e piccante del noto “ma perché non cinquanta giornate da …” di Troisi.
Il grande comico napoletano si chiedeva infatti perché necessariamente scegliere fra un solo giorno da leone e cento da pecora, quando la cosa più logica e furba è optare per cinquanta giorni da … orsacchiotto magari!
Se ci pensi in fondo proprio questo è la vita: una tela spennellata di sfumature e popolata da orsacchiotti.
Erroneamente la scambiamo per noia, banalità.
Abbiamo addirittura coniato un termine per girare il coltello nella piaga e calcare su quanto questa sorta di limbo grigiastro nel quale fluttuiamo ci stia sui cosiddetti: “routine”.
La “routine”. Scandiscilo. Già ti vedo storcere il naso. Quel suono alla francese, con la “r” un po’arrotata, cerca di dare una punta di raffinatezza a un concetto che non ci piace, ci disturba, anzi, ci
fa schifo proprio.
Routine … prova a pronunciarlo a bassa voce, chiudendo gli occhi, e dimmi quali immagini ti evoca solo in ragione del suo suono.
Stridore di ruote, ferraglia; ripetitivo, cadenzato, monotono; immagini che scorrono di lato, come attraverso un finestrino, indefinibili, senza contorni; un orizzonte che non costituisce punto di arrivo, ma piuttosto si allontana di continuo; una “route”, una strada su cui scorrere senza volontà né meta, inutilmente ma inevitabilmente … ROUTINE.
C’è addirittura la forma, più colloquiale e onomatopeica: “tran tran”. Tran tran – tran tran – tran tran …rumore ritmico e monotono di un veicolo in costante movimento, talmente ossessivo da risultare inquietante.
Eppure quante volte lo diciamo e pensiamo: la routine quotidiana, il tran tran quotidiano.
Risultato: a livello psicologico piazziamo la nostra vita su di un tapis roulant su cui corre, corre, corre, ma sempre e solo sul posto.
Questa non è la realtà. È solo percezione. La nostra mente è in grado di manipolare le percezioni attraverso molti strumenti. Uno di questi è proprio il linguaggio.
E se allora provassimo a cambiare nome? Non “routine”, non “tran tran” ma “SFUMATURE”.
Lo senti come suona meglio?
Nessuna vita è tutto bianco, o tutto nero, o tutto rosso.
Il lupo o la pecora, il bianco o il nero, oppure il rosso, la ricchezza o la povertà, la bellezza o la bruttezza, la felicità o la scontentezza. E avanti. Lascio a voi continuare, attraverso la fantasia e la personale esperienza. Fatto è che invece fra i due estremi c’è la vita, quella vera: orsacchiotti a riempire la forbice fra lupo e pecora, e milioni di sfumature di così così fra il bianco, il nero il rosso e gli altri colori base.
Sfumature che vanno ben oltre il numero di cinquanta, che diventa solo simbolico; pennellate di nero che attraversano l’arcobaleno e sfociano nel rosa, gialli luminosi ed evanescenti fino a essere luce, azzurri mescolati al verde, bianchi che si tingono di rosso passione.
La vita non è solo grigia. È anche grigia, talvolta. È grigia a tratti. Il più delle volte è sfumata!
Cinquanta sfumature di così così, o come direbbe una cara amica di Monterondo, non più giovanissima, “melange”!
Dobbiamo imparare ad apprezzare il così così, o melange che dir si voglia, altrimenti vivremo in una perenne e distruttiva scontentezza patologica.
Aspetto fisico, lavoro, salute: non sono fattori netti, granitici, immutabili, per nessuno, neppure per chi ci appare avere tutte le fortune di questo mondo. E invece succede che se non siamo bellissimi ci sentiamo bruttissimi, le non siamo ricchi sfondati ci riteniamo con le pezze ai calzoni, se qualcosa ci va storto ci convinciamo di essere dei perseguitati dalla sfortuna.
Basta! Riafferriamo con i denti le piccole cose, quelle che ingiustamente definiamo routine, tran tran, perché all’incirca il 90% di noi è fatto di quelle piccole cose e sfumature: la consapevolezza di poter migliorare il proprio aspetto con semplici accorgimenti, e apprezzarne il risultato; la consapevolezza che avere un lavoro è comunque, e sempre, una fortuna, non a tutti concessa, in grado di stemperare anche scontentezze, delusioni, tensioni che vi si possono creare; la cura per la nostra salute, che resta – anche al di là dei facili proverbi – il più prezioso dei beni; il desiderio e l’impulso, infine, di essere gli artefici della propria vita.
La mente difficilmente riesce a costruire qualcosa di buono, e a ottenere miglioramenti, sulla base dello scontento e del disprezzo. Da negatività nasce e cresce negatività.
No, la vita non è rosa come cantava Edith Piaf, ma neppure perennemente nera. È grigia, forse, ma abbiamo nel cervello colori e pennelli in grado di ricavare milioni di sfumature.
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Buon vento!
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online