La violenza simulata può essere educativa?

Catartica magari, ma educativa, nell’accezione comune del termine, no, non può esserlo.

Con violenza simulata intendo tutto quel substrato di giochi, film, post, letture (ah no! Quelle no, perché ormai non legge più nessuno) che nella violenza trovano il motore propulsore e dai quali siamo indiscutibilmente attratti.

EMULAZIONE

Noi siamo frutto dell’emulazione, tutto il mondo animale lo è, e forse non solo quello. L’istinto? Sicuramente gioca un ruolo importante ma l’emulazione è fondamentale. Se mamma leone non insegnasse al suo cucciolo a cacciare, quello probabilmente non supererebbe l’anno di vita.

Il linguaggio nasce dall’emulazione, il gioco, l’azione, il pensiero stesso. Prima deriviamo dai nostri genitori, poi, con gradualità, dal mondo esterno attraverso la scuola, gli amici, i compagni, i colleghi, i canali d’informazione, fino a diventarne parte integrante. Sempre gradualmente, come il cucciolo di leone, recepiamo i vari strumenti di sopravvivenza che la natura ci offre, mediandoli attraverso il nostro viver civile. Impariamo che la violenza fa parte del mondo, perché il mondo non è quello ovattato dei nostri primi mesi, quando il calore del corpo materno faceva da barriera a ogni male. Cominciamo a conoscere la violenza con il gioco e così, dai primi pianti, i primi litigi, cominciamo ad assaporarne il potenziale: spesso lo confondiamo con la forza, il potere. La società c’insegna che chi non reagisce è un pirla, un perdente, e neppure mamma e papà ci vogliono perdenti: “Vai Gigetto, e picchia più forte tu. Fatti valere!”. Sembra quasi che l’unica opportunità per farsi largo nella vita sia saper tirare di destro, metaforicamente e materialmente parlando.

È l’intramontabile “legge del più forte” che nell’immaginario scavalca tutte le altre, più efficace del valore, del talento, della fortuna.

“La violenza è semplice; le alternative alla violenza sono complesse”, ebbe a dire Friedrich Hacker, psichiatra austriaco naturalizzato statunitense, e ciò è maledettamente vero. La violenza, anche attraverso l’emulazione, la simpatia indotta verso i violenti attraverso la filmografia, la stima reverenziale verso i capibranco che comincia a maturare in tenera età, diventa l’alternativa “facile” attraverso cui raggiungere gli scopi. E siccome di una soluzione di comodo si tratta, essa verrà esercitata nei confronti di chi non ha i mezzi per difendersi: donne, bambini, anziani, animali. Ciò farà sentire il violento estremamente potente e invincibile.

CATARSI

Sì, la violenza simulata può anche avere un ruolo catartico. Attraverso il gioco ad esempio, i bambini scaricano quel potenziale di forza sano, istintivo, permettendogli di non degenerare.

“Ok, picchiatevi ma senza farvi male!” questo dovrebbe essere il motto di ogni genitore. Come i giovani leoni, i gattini o anche il cane con il micio di casa, che nella lotta tengono artigli e zanne ritratte, in modo da non provocare danno.

Questa non è violenza ma scarico di adrenalina, sfogo fisico e psichico, membra e mente in azione.

 

LA VIOLENZA PASSIVA

È forse figlia dei nostri tempi, o quantomeno parente stretta, e non fa che aggiungersi a quella millenaria cui abbiamo fatto il callo.

È una violenza che passa attraverso le dita e arriva al cervello, che si nutre di silenzi, isolamento, estraniazione dalla realtà. Parlo dei giochi multimediali che ormai non hanno neppure bisogno di una specifica tecnologia per essere attivati ma sono fruibili su ogni strumento che accompagna le nostre giornate, computer, telefoni, notebook. Attraverso questo dilagare si è ampliata anche la fascia generazionale di chi li utilizza: non solo più dunque ragazzi, adolescenti con la Play Station ma tutti, proprio tutti!

Il rischio dell’ossessione è implicito in ogni gioco che fa della ripetitività e della costanza la sua forza, anche nel più apparentemente innocuo; non credo di allontanarmi dalla realtà affermando che più o meno tutti noi ne abbiamo sperimentato il fascino attrattivo, il tempo perso o sottratto al lavoro, allo studio, a un buon libro, a una passeggiata o anche a una semplice chiacchierata. Nei giochi a sfondo violento, quelli dove si spara, si uccide, all’ossessione si affianca anche una sorta di delirio di onnipotenza.

Se la condizione mentale è sana tutto ciò si traduce semplicemente in un po’ di occhiaie e in uno sguardo un po’ perso, inebetito, … ma se invece, anche per un particolare periodo che si sta attraversando oppure per una qualche criticità oggettiva si hanno le “difese immunitarie” basse, allora quel delirio di onnipotenza cova, e ne nascono germi che lentamente crescono e proliferano fino talvolta, a esplodere.

 

IL PROBLEMA DELLA VIOLENZA MEDIATICA

Furious young man during the computer game

Grande problema, difficilmente arginabile. La maggior parte dei giochi sono distribuiti come Free e a poco giova l’avvertenza “può contenere messaggi violenti o espliciti. Riservato ai maggiorenni. Accetti?” Anche un bambino dell’asilo sa che basta cliccare sul Sì.

Stesso discorso vale per i Social, fruibili da ogni piattaforma venga utilizzata dai ragazzi. Su di essi è infatti reperibile parecchio materiale violento, direttamente postato dagli autori come trofeo della loro invincibilità.

Se dunque mettiamo insieme i fattori esposti, emulazione, legge del più forte, esibizionismo, solitudine, ossessione, più facilmente possiamo comprendere quanto la violenza sia sempre e comunque diseducativa.

 

COSA FARE?

Risposta complessa, non sintetizzabile in poche righe. Impossibile dare un colpo di spugna ed eliminare la violenza quello che possiamo però fare è mantenere alta l’attenzione:

attenzione ai silenzi, alle porte chiuse, ai mutismi

attenzione a non trasmettere messaggi devianti, che scavalcano il potenziale effettivo dei ragazzi, i loro talenti nella sola ottica del più forte

incentivare la vita reale, i rapporti sociali, corporei, materiali, il dialogo, le litigate …

Ricordate poi che l’episodio violento è in realtà l’apice di un percorso, nascosto o ignorato.

L’ideale è dunque agire quando quel percorso è ancora in atto, in modo da farlo regredire e non permettere che prosegua. La psicologia offre una valida soluzione, anche attraverso un percorso breve strategico di supporto ai genitori.

Comunque ricordate sempre, e insegnatelo, che anche il più piccolo gesto di violenza è denuncia di debolezza e vigliaccheria.

Quindi siate forti, e buon vento.

 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

 

 

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